• GENOVA - Fabrizio De André, ieri sera, ha fatto due belle sorprese ai genovesi. Ha tenuto uno splendido concerto al Carlo Felice, applaudito da una folla commossa ed entusiasta. E a "Il Secolo XIX" ha rivelato che tornerà a vivere a Genova. E che ha già trovato casa al Porto Antico: "Al Molo Morosini dove, quand'ero ragazzo, andavo a pescare i cefali...".
    Per la prima volta di De André al Teatro dell'Opera, sono venuti i suoi grandi amici Beppe Grillo e Renzo Piano: "Col tempo, la voce di Fabrizio è sempre più bella...". E c'era anche Giorgio Forattini: "Sono turbato, è uno spettacolo straordinario...". E sono venuti i vecchi fans, studenti all'epoca di Tutti morimmo a stento e La Buona Novella. Con i loden perfetti, e le mogli eleganti. E c'erano molti giovani, che hanno scoperto un De André divertente: "Pasolini diceva che il dialetto è il popolo, e che il popolo è autenticità. Ora, Pasolini ha detto anche delle bélinate, ma in questo caso aveva ragione...".
    De André ha ricordato ai genovesi una stagione indimenticabile, quando si entrava al liceo con le sue canzoni in testa: e la nostalgia ha cominciato a volteggiare, come nuvole ostinate sopra un mare increspato.
    In due ore di concerto, assieme ai figli Luvi (molto brava in Khorakhané e Geordie) e Cristiano (che interpreta le sue Nel bene e nel male e Invincibili) e con una band di grande livello, Fabrizio De André canta il suo impegno morale, in favore degli emarginati di ogni latitudine e confessione. Facile dire che i brani più applauditi sono Bocca di Rosa, Via del Campo o La città vecchia: ci sono momenti durante il concerto (che replicherà stasera, tutto esaurito, e il 20 dicembre) di grande tensione drammatica. È il caso di Anime salve, splendido manifesto sulla solitudine. O, ancora, di Dolcenera: storia d'amore e di follia sommersa dalla grande alluvione del 1972; o di Disamistade, dove si ascolta il miglior De André di sempre: solo a raccontare le ferite dell'odio e del rancore. L'unica volta che De André non ha raccolto l'ovazione spontanea è stato quando, parlando del rispetto che i musulmani hanno per Gesù Cristo, ha detto: "a differenza del mondo cattolico, che continua a considerare Maometto poco più che un cialtrone. E questo è un punto a favore del mondo islamico...". E l'applauso ha dovute essere incoraggiato.
    Un fascino particolare per le cinque ballate tratte dalla Buona Novella, con Il testamento di Tito che rimane un grido forte di libertà contro qualsiasi istituzione, in nome dell'amore e della tolleranza. Così come Fiume Sand Creek, dove la crudeltà delle "giubbe blu" è resa ancora più vana dall'ultimo, dolente messaggio dell'indiano. Anche quando una freccia spezza la vita, dice De André, i sogni rimangono per le prossime generazioni. "Il Secolo XIX", prima del concerto, ha intervistato il grande cantautore.

    De André è emozionato, per il suo esordio al Carlo Felice?

    "Mi fa piacere: soprattutto di essere a Genova. E sono contento perché la mia città finalmente può vantare un Carlo Felice ristrutturato in maniera così sontuosa. È il più bel teatro lirico d'Europa".

    Che ormai apre le porte alla grande canzone d'autore: lei, Fossati, Springsteen...?

    "Credo che la musica sia un fiume, che si nutre di tanti affluenti, di tanti rigagnoli: pop, classico, jazz, rock, musica etnica. Nessuno è ancora riuscito ad imbrigliare questo fiume, però è giusto che qualsiasi musica abbia la possibilità di esprimersi negli spazi idonei.".

    E il Carlo Felice, per vocazione operistica, lo è?

    "Sicuramente sì, perché c'è un'acustica perfetta: si sentono benissimo pregi e difetti di quello che si va a fare sul palco".

    Nel corso del tour, ha cambiato la scaletta.

    "All'inizio del concerto, ho eliminato Megu Megun perché quattro canzoni in dialetto erano un po' troppe da portare in giro per le province italiane. Il genovese non lo si capisce da nessuna parte, già a Savona stentano, figuriamoci a Palermo".

    A Savona stentano?

    "Potrebbe anche succedere".

    Nello show ci sono molte canzoni su Genova e la genovesità...

    "Io mi considero a tutti gli effetti ancora genovese, tanto è vero che ho cominciato a rimetterci un piede".

    Dove?

    "A Ponte Morosini, mi sto organizzando per tornare ad abitare a Genova: ho trovato casa nel Porto antico dove andavo a pescare i cefali quando avevo 18 anni".

    Cosa le è successo?

    "Ho sempre provato una forte nostalgia, ma per vari motivi non riuscivo mai a tornare. Un po' perché ho sposato una milanese, e perché mia figlia ha messo radici a Milano. Un po' perché c'eravamo spostati in Sardegna. Ma io sono sempre stato addolorato dalla difficoltà di ritornare".

    Ma non era lei a preferire la natura selvaggia della Sardegna?

    "Sì, ma di porti belli come quello di Genova non ce ne sono. E nemmeno di ambienti portuali così suggestivi".

    A proposito di angiporto, dal suo libro Un destino ridicolo si girerà un film.

    "Claudio Bonivento mi ha portato lo story board del film, praticamente sarà girato per tre quarti a Genova".

    Lei parteciperà alla sceneggiatura?

    "Più che metterci una mano, darò dei consigli. Aiuterò gli sceneggiatori ad inquadrare meglio le situazioni".

    Farà anche dei sopralluoghi.

    "È molto probabile che li faccia".

    Come definirebbe il suo nuovo show?

    "Un concerto difficile, perché si passa dal canto gregoriano dell'Infanzia di Maria, nella Buona Novella, al rock di Amico Fragile, passando per molti specifici generi del pop".

    E i suoi temi preferiti?

    "Vede, gli artisti hanno una strana caratteristica: e me ne sono reso conto parlando anche con i pittori, osservando le loro opere. Gli artisti hanno poche idee, ma fisse: nel mio caso è sempre quella dell'emarginazione".