• 'A çimma è un piatto tradizionale che si cucina con un taglio di carne a tasca (la cima, appunto) farcito di ogni ben di Dio e ricucito. Un cuoco genovese è ritratto mentre si alza all'alba per realizzare questa ricetta. Come uno stregone, compie gesti rituali per tenere occupata la strega che potrebbe calarsi dal camino e per tenere lontano i diavoli dalla pentola. Tutta la cura del cuoco sembra vanificata quando i camerieri portano il piatto in tavola e, di tutto il suo lavoro, gli lasciano soltanto il profumo. Egli rimane solo e sputa una frase che assomiglia molto a una maledizione: "mangiate, mangiate; non sapete chi vi mangerà".
    [Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, pp. 149-150]


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    È semplicemente il racconto di un cuoco che spiega come preparare la cima, un classico piatto genovese. Né la ricetta viene spiegata con i suoi ingredienti, piuttosto che con le accortezze che bisogna avere per renderla perfetta. A questo punto è giocoforza accennare brevemente al piatto, che ha varie versioni, al mero scopo di poter gustare la canzone.
    Premesso ancora che gli ingredienti variano da località a località della Liguria, e che le versioni sono tante quante le mani che la cucinano, per la cima si parte comunque sempre da un taglio di carne, solitamente preso dalla pancia del vitello, che si cuce su tre lati a formare una tasca che viene riempita di frattaglie, piselli, uova, formaggio, maggiorana (secondo alcuni), spezie, brodo, sale e altro. Fatta la farcitura, si cuce l'ultimo lembo in modo da non farne fuoriuscire il contenuto (è importante non riempirla troppo!). La si buca con un grosso ago e la si fa bollire per circa tre ore. A cottura ultimata si tira fuori la cima dal suo brodo e la si fa raffreddare sotto un peso. Si serve fredda, tagliata a fette.
    I punti critici in qualche modo evidenziati dalla canzone sono due: la complessità e la lunghezza della preparazione (che comporta l'alzarsi preso al mattino) e il rischio che questa sacca ripiena messa a bollire possa scoppiare. Secondo la leggenda esiste anche la possibilità che una strega scenda dalla cappa per rubare il ripieno o per far "scoppiare" la cima. Ma se si ha l'accortezza di mettere vicino alla pentola una scopa di saggina capovolta, la strega sarà irresistibilmente attratta a contarne le setole e, quando finirà, la cima sarà ormai pronta.
    La canzone ripercorre appunto questi passaggi: ti sveglierai presto, sull'indaco del mattino, quando la luce ha un piede in terra e l'altro in mare, e il cielo si specchierà nella rugiada. Metterai una scopa ritta in un angolo, che se la strega scende dalla cappa, prima che riesca a contare tutte le paglie la cima sarà già cucita e lei non potrà rubarne il ripieno; segue una piccola preghiera affinché la carne non diventi dura poi, prima di "battezzarla" (metterla in acqua) tra le erbe aromatiche, bisogna bucarla con due grossi aghi da sopra a sotto. Infine uno scongiuro nel nome di Maria affinché tutti i diavoli e gli influssi negativi vadano via dalla pentola. Una volta pronta, la cima viene ritirata dai camerieri lasciando un po' di amaro in bocca al cuoco cui resta il "fumo" del suo lavoro. Per tradizione, sarà uno scapolo quello a cui toccherà il primo taglio. L'ultimo pensiero del cuoco, con un pizzico di malanimo, è "mangiate, mangiate: non sapete chi mangerà voi". [...]
    [Walter Pistarini, Il libro del mondo, pp. 268-270]