• Luigi Pestalozza ha definito questa celeberrima canzone come "un canto all'amore senza distinzione di forma, sacro e profano insieme"*.

    Come in Via del Campo, che analizzeremo in questa stessa Appendice, De André canta qui l'amore offerto in vendita, ma alla delicatezza di quell'altra canzone contrappone in questa il senso festoso dell'ironia, elogiando chi fa l'amore per passione e irridendo la disapprovazione moralistica di tale comportamento.

    Bocca di rosa è la storia di una "prostituta" ("per passione") che appunto, con la sua sola presenza, è capace di scatenare passioni, allegria, invidia, gelosia. Tutta la canzone è attraversata da una sottile vena di ironia che mette alla berlina le comari di Sant'Ilario (il famoso quartiere sulle alture di Nervi, dov'è ambientata la vicenda) e pone in rilievo la gioiosa, vitale baldanza della prostituta. A quest'ultima vanno le simpatie di De André, che ce la presenta con toni maliziosi ma anche teneri, come una ventata di primavera in un ambiente noioso e triste. A lei va inoltre il rispetto degli uomini del paese che, quando vanno a salutarla alla stazione, tengono "il cappello in mano". Il finale fu ritenuto scandaloso dai soliti benpensanti, poiché avvicina la giovane donna (amore profano) alla Vergine (amore sacro).

    "Bocca di Rosa" è esistita davvero: si chiamava Maritza. Era un'istriana bionda, piombata a Genova per togliersi la "voglia" di Fabrizio. La storia è raccontata nel romanzo Un destino ridicolo, scritto a quattro mani con Alessandro Gennari e pubblicato da Einaudi nel 1996. Fabrizio era a casa, bussano alla porta: "Finalmente riesco a incontrarti", dice la bionda che ha trovato l'indirizzo su un settimanale di musica. Il resto, come si dice in Gallura, "tocca ponillo in canzone" (bisogna metterlo in musica), per quegli eventi eccezionali che è bene fissare in qualche modo per non perderne il ricordo**.

    Il livello semantico è chiarissimo, eppure non mancano figure retoriche di rilievo. Osserviamo ad esempio una litote al v. 8: "non si trattava di un missionario". Ma straordinaria, su tutte, è la metafora dei vv. 19-20: "l'ira funesta delle cagnette / a cui aveva sottratto l'osso", dove le cagnette indicano le donne del paese e l'osso sta per i loro mariti (inoltre "osso" costituisce una sineddoche atta ad evitare un'oscenità). Divertente è l'iperbole dei vv. 39-40: "Quella schifosa ha già troppi clienti, / più di un consorzio alimentare". Icastica è la similitudine iperbolica della notizia che "come una freccia dall'arco scocca / vola veloce di bocca in bocca" (vv. 63-64).

    ASPETTI METRICI
    Il testo è formato da 19 quartine nelle quali almeno due versi sono in rima baciata: ad es. “rosa/cosa” (vv. 3-4), "moglie/voglie" (vv. 29-30), "gusto/giusto" (vv. 31-32), "cornute/argute" (vv. 31-32) ecc.; altri a rima alternata: ad es. "Sant'Ilario/missionario" (vv. 6-8), "professione/passione" (vv. 10-12), "voglie/moglie" (vv. 14-16), "addosso/osso" (vv. 18-20) ecc.

    I versi sono di varia misura, ma il modo particolare di cantare di De André riesce ad occultare sapientemente questa diversità. La melodia-base si piega di volta in volta alle esigenze di quello che l'autore vuol dire: i versi si allungano e si accorciano spostando gli accenti del decasillabo-base sino a mutarlo in quinario doppio, trasformandosi in endecasillabi, ritraendosi a novenari o dilatandosi fino al dodecasillabo. Vediamo alcuni esempi:
    "La chiamavano Bocca di rosa" (decasillabo)
    "Ma la passione spesso conduce" (quinario doppio)
    "Si sa che la gente dà buoni consigli" (dodecasillabo)
    "E quelle andarono dal commissario" (endecasillabo)
    "E alla stazione successiva" (novenario).
    Vi sono anche due settenari consecutivi:
    C'era un cartello giallo
    con una scritta nera.
    Il primo verso della seconda strofa: "Appena scesa alla stazione", può addirittura essere letto come un novenario oppure, con dialefe centrale un po' forzata (Dante, ad esempio, lo fa spesso!), come un quinario doppio.
    Il ritmo da tarantella rimarca il carattere popolare del brano e lo rende di facile assimilazione. Non a caso, infatti, Bocca di rosa è una canzone nota anche a molti che ne ignorano l'autore.

    NOTE
    * Luigi Pestalozza, La canzone dell'altro mondo, in Fabrizio De André. Accordi eretici, a c. di R. Giuffrida e B. Bigoni, Euresis Edizioni, Milano, 1997, pp. 177.
    ** Cfr. A. Franchini, Uomini e donne di Fabrizo De André, F.lli Frilli Editori, Genova 2000, p. 96.

    [Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, nuova edizione 2022]



    *   *   *


    In Bocca di rosa la protagonista porta “porta l’amore nel paese”, ferocemente boicottata dalle comari.
    [G. Baldazzi - L. Clarotti - A. Rocco: I nostri cantautori, Thema editore, 1990, p. 107]


    *   *   *


    La suprema Bocca di rosa è un canto all’amore senza distinzione di forma, sacro e profano insieme.
    [L. Pestalozza, in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, 1997, p. 177]




    *   *   *


    Domanda: "Qual è la canzone che più ti assomiglia?".
    Risposta: "Sicuramente Bocca di rosa".
    Così Fabrizio De André in una famosa intervista di Vincenzo Mollica trasmessa in una trasmissione Rai del 1988.
    Bocca di rosa è dunque non solo una delle canzoni più famose di Fabrizio De André, ma è quella che lo rispecchia di più e, per sua stessa ammissione, è capace di descriverlo meglio.
    Il termine "bocca di rosa" è spesso usato, a sproposito, come sinonimo di prostituta. In realtà la canzone tratta di una donna che l'amore lo fa non per professione, ma per passione. È proprio questo anzi a mandare in bestia "le cagnette a cui aveva sottratto l'osso", e a farle ribellare condannando la svergognata all'esilio.
    In un'intervista del '79 Fabrizio De André sottolinea questo aspetto quasi con accanimento: "Vedi, tu dici 'puttana', ma in effetti Bocca di rosa non è assolutamente una puttana. Perché se fosse stato un cadetto dell'Accademia di Livorno, per esempio, sarebbe andato tutto quanto benissimo: sarebbe stata semplicemente una persona che si concedeva volentieri... quindi tutto bene! Trattandosi di una donna invece... è diventata una puttana, ma non è assolutamente vero, non è una puttana per niente. È una persona che ha addirittura cambiato la mentalità di un paese... mi era capitato di trarre argomento da un episodio che era successo in un paese vicino a Genova, Sant'Ilario". *
    Nel caso della canzone il giudizio o la condanna sono sostituiti da uno sberleffo al comune senso del pudore (rappresentato dalle "comari") che, seppur vittorioso a Sant'Ilario o a San Vicario a seconda delle versioni - perché riesce a mandar via Bocca di Rosa - viene bellamente castigato alla stazione successiva, dove il parroco in persona vuole la "benefattrice" accanto a sé, in processione: altro momento su cui c'è stato da dire per la pericolosa vicinanza tra sacro e profano.
    La "vera" Bocca di rosa si presentò un giorno da Fabrizio De André per incontrarlo e manifestargli, in qualche modo, tutta la sua ammirazione. Il personaggio compare anche nell'unico romanzo scritto da De André con Alessandro Gennari, Un destino ridicolo, nel quale assume anche un nome, Maritza, e una provenienza, l'Istria.
    Il testo della canzone subì due varianti nello stesso anno di uscita (1967): il paesino di Sant'Ilario, un vero sobborgo di Genova con tanto di stazione ferroviaria ora soppressa, fu trasformato in un fantasioso San Vicario e i versi riferiti alle forze dell'ordine, "Spesso gli sbirri e i carabinieri al loro dovere vengono meno, / ma non quando sono in alta uniforme e l'accompagnarono al primo treno", - sospetti di irrispettosità - divennero "Il cuore tenero non è una dote di cui sian colmi i carabinieri, / ma quella volta alla stazione l'accompagnarono malvolentieri". Molti anni dopo lo stesso De André confidò di essere intervenuto a modificare quel passaggio dietro "cortesi pressioni dell'Arma dei Carabinieri". La prima versione può comunque essere ascoltata nella raccolta ufficiale In direzione ostinata e contraria, uscita postuma nel 2005.


    NOTE
    * [Fabrizio De André, intervista a Massimo Poggini, Noi & le donne, "Ciao 2001", 25 febbraio 1979]

    [Walter Pistarini, Il libro del mondo, Firenze - Milano, 2013, pp. 57-58]


    *   *   *


    Bocca di rosa è la parabola semiseria della gioia, della fantasia, della libertà schiacciata dal comune pudore, dal perbenismo, dal bigottismo borghese. Si delineano già da una parte "il diverso" (Bocca di rosa, appunto), dall'altra il "potere".
    L'eccezione alla regola è ovviamente solare, vitale, in confronto alla mediocrità difensiva degli altri (aiutati dall'ordine costituito).
    Bocca di rosa è persona vera: Fabrizio conosceva tutte le prostitute dei caruggi genovesi e le teneva ben alte nella sua classifica personale. Qui la scelta ambientale (un paesino) è realistica perché "certe" cose in provincia fanno pià rumore. Ma in realtà tutto il mondo è "provincia", tutto il mondo è potere che a vari livelli scarta e opprime.
    [Roberto Vecchioni, in Volammo davvero (a cura di Elena Valdini), RCS Libri, Milano 2007, p. 157. Il testo riprende una lezione su De André, tenuta dal professor Vecchioni in diverse università italiane.]