Lo stesso De André ha raccontato più volte, e in particolare in un'intervista a Luciano Lanza, l'origine di questa celeberrima ballata.

"La canzone di Marinella non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d'amore. È tutto il contrario. È la storia di una ragazza che a sedici anni ha perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle parti di Asti. È stata cacciata dagli zii e si è messa a battere lungo le sponde del Tanaro e un giorno ha trovato uno che le ha portato via la borsetta dal braccio e l'ha buttata nel fiume e, non potendo fare niente per restituirle la vita, ho cercato di cambiarle la morte. Così è nata La canzone di Marinella, che se vogliamo ha anch'essa delle motivazioni sociali, nascostissime. Ho voluto completamente mistificare la sorte di Marinella. Non ha altra chiave di lettura se non quella di un amore disgraziato; se tu non racconti il retroscena è impossibile che uno pensi che all'origine c'è una gravissima problematica sociale. Certi fatti della realtà, soprattutto quand'ero giovane, mi davano un grande fastidio; allora cercavo di mutare la realtà." *
In effetti, è solo grazie alle precisazioni dello stesso De André che il critico e il lettore-ascoltatore possono riferire di un contesto extraletterario altrimenti inattingibile e addirittura inimmaginabile.
Soltanto dalle parole dell'autore risulta evidente il suo tentativo di addolcire idealmente la tragica fine di una sventurata ragazza e di farla rivivere nel ricordo, collocandone la storia fuori dal tempo, nella dimensione incantata della favola. A tal fine, non solo l’amore è cantato con simboli ("acqua", "vento", "stella") e colori ("bianco" e "rosso") fiabeschi, ma il velato erotismo di un rapporto completo e profondo è reso attraverso una delicata metafora:
furono baci e furono sorrisi
poi furono soltanto i fiordalisi
che videro con gli occhi delle stelle
fremere al vento e ai baci la tua pelle.
La canzone di Marinella è dunque "il primo esempio di trasposizione in chiave fiabesca di un fatto di cronaca"**. Tuttavia, a differenza di quanto accade nelle fiabe a lieto fine, Marinella muore, anche se nella sublimazione operata dall'autore "ha vissuto fino in fondo il carpe diem"***:
vivesti solo un giorno come le rose
Lasciando un rimpianto indelebile nel suo amato.
L'idealizzazione della storia è realizzata attraverso un lessico semplice e sognante ("primavera", "vento", "fiume", "stella", "ricordo", "sogno", "amore", "luna", "ragazzo", "aquilone", "sole", "baci", "fiordalisi", "cielo", "rose") ed immagini che veramente richiamano il mondo della favola ("un re senza corona e senza scorta", cioè il classico principe azzurro che tutte le ragazze sognano prima o poi di incontrare) e il sogno dell'amore puro ed eterno: "bussò cent'anni ancora alla tua porta".

Importante è l'uso delle figure retoriche, fra le quali, quantitativamente, spiccano le similitudini: "bianco come la luna il suo cappello, / come l'amore rosso il suo mantello, / tu lo seguisti senza una ragione, / come un ragazzo segue un aquilone" (vv. 9-12); "e come tutte le più belle cose, / vivesti solo un giorno come le rose" (vv. 27-28). Riconosciamo poi una personificazione: "ma il vento che la vide così bella / dal fiume la portò sopra una stella" (vv. 4-5) e un'iperbole:"ma lui, che non ti volle creder morta, / bussò cent'anni ancora alla tua porta" (vv. 23-24); anzi due se pensiamo al primo emistichio del v. 28: "vivesti solo un giorno...".

ASPETTI METRICI
Sette quartine a rima baciata (AABB), con ripresa dei due versi finali nell'ultima quartina.
I versi sono endecasillabi piani, ad eccezione di quelli iniziale e finale, che sono ipermetri (entrambi di dodici sillabe) ma accentati come endecasillabi a maiore. Si potrebbe pensare ad un espediente voluto dall'autore, volto a trasferire la storia da una dimensione reale ("Questa di Marinella è la storia vera") ad una dimensione di trasfigurazione poetica e di universalità ("vivesti solo un giorno come le rose").
Tra le figure metriche spicca la sinalefe, seguita da qualche sineresi. Del tutto assenti risultano la dieresi e la dialefe. Questa soluzione stilistica (insieme alla prevalenza della paratassi) rende il ritmo di più facile assimilazione e determina una più fluida e scorrevole lettura, anche in assenza della musica.
Lo schema metrico a rima baciata conferisce al testo un andamento di malinconica ballata, esente tuttavia da ogni elemento di tragicità, grazie anche (come già notato) al lessico particolare, che rende "ovattato" il mondo (e il senso) di questa deliziosa, anacronistica e insieme modernissima fiaba.

NOTE
* [In Signora Libertà, Signorina Anarchia, p. 17 [Supplemento al n. 262 (marzo 2000) della rivista anarchica "A"]
** [M. Borsani - L. Maciacchini, Anima Salva, Tre lune, Mantova, 1999, p. 16]
*** L'osservazione è di Ezio Alberione: Frammenti di un canzoniere, in Fabrizio De André. Accordi eretici, a cura di R. Giuffrida e B. Bigoni, Euresis Edizioni, Milano, 1997, p. 101, nota 42.

[Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, 2004]


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Ricordiamo tutti la delicata storia della bella fanciulla innocente che un giorno incontra l'amore; e De André sa trovare una metafora incantevole per raccontare la meraviglia di un rapporto completo e profondo: "furono baci e furono sorrisi / poi furono soltanto i fiordalisi / che videro con gli occhi delle stelle / fremere al vento e ai baci la tua pelle". Ma Marinella muore, e mai, mai il suo amato potrà trovare consolazione: "e lui che non ti volle creder morta / bussò cent'anni ancora alla tua porta". Ma quale uomo può realisticamente dar prova di tanta fedeltà? E difatti l'innamorato di Marinella non è un uomo qualunque, è un re, sia pure "senza corona e senza scorta": egli porta un cappello che ha il biancore della luna, le sue spalle sono coperte da un mantello rosso: insomma, La canzone di Marinella è situata fuori dal tempo, nell'incantevole mondo della fiaba, dove è possibile incontrare il principe azzurro.
[Liana Nissim, in Fabrizio De André. Accordi eretici, pp. 135-136]