• Per i tuoi larghi occhi è una canzone d'amore molto particolare, come per altri aspetti sarà La stagione del tuo amore. In quest'ultimo brano, che esula peraltro dai nostri interessi, De André canta dell'amore di e per una donna in età avanzata, la cui dolcezza non si attenua col tempo: il che costituisce probabilmente un unicum non solo nella sua produzione, ma nella canzone in genere.
    Altrettanto originale è l'amore di cui si parla in questo brano. Non si tratta, infatti, di un amore travolgente, di un "amore che strappa i capelli", come chiarisce la strofa centrale:
    Io ti dico che mai
    il ricordo che in me lascerai
    sarà stretto al mio cuore
    da un motivo d'amore.
    Non pensarlo perché
    tutto quel che ricordo di te
    di quegli attimi amari
    sono i tuoi occhi chiari.
    Un amore che viene definito:
    come un bel sogno inutile
    che si scorda al mattino.
    Eppure di quest'amore – come accade a volte per i sogni – qualcosa viene conservato e custodito gelosamente, fino all'ossessione: quei "larghi occhi chiari", di evidente matrice baudelairiana, come ha ricordato opportunamente la Nissim citando i versi di chiusura del sonetto La Beauté*, che tuttavia si riferiscono non a una donna concreta bensì alla bellezza in sé, la bellezza ideale, personificata:
    Car j'ai pour fasciner ces dociles amants,
    De purs moroirs qui font toutes choses plus belles:
    Mes yeus, mes larges yeux aux clartés éternelles
    Ovvero:
    Perché possiedo, per affascinare quei docili amanti,
    dei puri specchi che rendono più belle tutte le cose:
    i miei occhi, i miei larghi occhi dalle chiarità eterne.
    Sempre a questo sonetto appartiene l'immagine "un cœur de neige" (v. 8), cioè "un cuore di neve". Ma come non richiamare altresì, ancora di Baudelaire, la terzina finale del sonetto Une nuit que j'etais près d'une affreuse Juive?
    Si quelque soir, d'un pleur obtenu sans effort
    Tu pouvais seulement, ô reine des cruelles!
    Obscurir la splendeur de tes froides punelles
    Ovvero:
    Se qualche sera, con un pianto ottenuto senza sforzo,
    tu avessi soltanto potuto, o regina crudele,
    offuscar lo splendore delle tue fredde pupille.
    A tali versi si collega infatti, per estrema sintesi, l'espressione deandreana: "che non piangono mai". Ed ancora, senza alcuna pretesa di esaustività, del grande poeta francese si possono richiamare le immagini: "yeux plein de lumières", cioè "occhi pieni di luci" (Le Flambeau vivant, v. 1); "ton œil mystérieux", "il tuo occhio misterioso" (Ciel brouillé, v. 1); "tes trâitres yeux", "i tuoi occhi ingannevoli" (L'invitation au voyage, v. 11), "tes yeux, clairs comme le cristal", "i tuoi occhi, chiari come il cristallo" (Sonnet d'automne, v. 1)...

    Il fatto è che in Baudelaire quella degli occhi è un'immagine ricorrente, quasi ossessiva, maniacale. E quasi sempre, nella sua lirica, gli occhi sono chiari, luminosi, e insieme misteriosi e ingannevoli, in quanto la luce accecante costituisce il contrario ma anche l'ideale oltrepassamento dell'oscurità assoluta**. Nella sua intensità estrema, teorica, la luce non concede nemmeno di immaginare ciò (o qualcosa di diverso da ciò) che non si riesce a scorgere. E se gli occhi, come già volevano gli antichi, sono lo specchio dell'anima – e se l'anima, come vuole tuttavia il buon senso comune, è fondamentalmente segreta e inattingibile –, essi impediscono appunto di vedere (cioè di leggere, di cogliere e decifrare) la nostra personalità e, quindi, la verità o la menzogna che dimora in noi. Perciò, di questo "mistero senza fine bello"*** che è la donna, nella canzone di De André il protagonista non ricorda e non ricorderà che i "larghi occhi chiari", poiché ciò che si ignora è infinitamente più attraente di ciò che si crede di conoscere.

    Si tratta di un testo molto intenso ma anche molto semplice, senza complicazioni semantiche. Anche le metafore presenti risultano comprensibilissime: il "cuore di neve" (v. 8) indica freddezza, aridità o povertà di sentimenti; e "i larghi occhi che restavan lontani" (vv. 17-18) sottolineano il distacco emotivo con cui la donna affronta(va) il rapporto.

    ASPETTI METRICI
    Quattro strofe di diversa lunghezza: I, II e IV di otto versi; la III di quattro versi soltanto.
    I versi sono di varia misura, con netta prevalenza di settenari piani e tronchi, ad eccezione del v. 23 che è sdrucciolo.
    Vario il gioco delle rime. Fra le strofe più lunghe l'unica regolare è la II, con schema a rima baciata (AABBCCDD), mentre la I e la IV risultano più libere. Nella I sono a rima baciata i vv. 3-4 e incrociata i vv. 6-8; vi è rima identica fra i vv. 1 e 7; restano irrelati i vv. 2 e 5. Nella IV sono a rima baciata i due versi iniziali e i due finali, mentre restano irrelati tutti gli altri. La strofa III, quella più breve, ha i primi due versi irrelati e gli altri due a rima baciata. Per chiudere, si può notare notare che nelle strofe I, III e IV ricorre in sede di rima la parola "occhi", che così trova riscatto dalla mancata relazione all’interno delle singole strofe, in coincidenza con la sua rilevanza semantica.

    NOTE
    * [L. Nissim, in Fabrizio De André. Accordi eretici, a cura di R. Giuffrida e B. Bigoni, Euresis Edizioni, Milano, 1997, p. 134]
    ** Presumo sia sulla base di suggestioni simili che Alfonso Gatto, in una poesia di Morto ai paesi (1937), abbia potuto scrivere: "Lo sguardo delle marine / chiare fino alla morte" (Alla mia bambina, vv. 1-2).
    *** [G. Gozzano, La Signorina Felicita, v. 289]

    [Giuseppe Cirigliano, Il "primo" De André, Emmelibri, Novara, 2004]


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    Il fascino della femme fatale (e di Baudelaire) lascia il segno anche (cfr. La ballata dell'amore cieco) su un'altra canzone, Per i tuoi larghi occhi: essa narra di un amore finito, eppure ossessivo. Siamo ancora in presenza di una donna gelida e crudele, in cui "batte un cuore di neve", i cui occhi "non piangono mai". Ebbene: anche questi occhi hanno un'origine baudelairiana, che ha inventato, per una delle sue più affascinanti figure femminili, i "larghi occhi":
    Car j'ai pour fasciner ces dociles amants,
    De purs miroirs qui font toutes choses plus belles:
    Mes yeux, mes larges yeux aux clartés éternelles.
    Un critico (peraltro molto ottuso e incapace di comprendere Baudelaire) ha ironizzato su quei larghi occhi. [...] Povero, stupido critico! Cosa possa voler dire "larghi occhi" lo capisce chiunque, e lo ha benissimo capito De André: "Per i tuoi larghi occhi / per i tuoi larghi occhi chiari / che non piangono mai / [...] io ti dico che mai / il ricordo che in me lascerai / sarà stretto al mio cuore / da un motivo d'amore".
    Siamo dunque, ancora una volta, in presenza di un amore infelice, anzi in presenza di un amore (apparentemente) rifiutato; d'altronde la donna dai larghi occhi crudeli se ne è già andata, con un breve addio. Eppure, alla fine è vagheggiata l'eventualità di un ritorno, e comunque è assicurata l'impossibilità dell'oblio: "ma i tuoi larghi occhi / i tuoi larghi occhi chiari / anche se non verrai / non li scorderò mai". Per De André, anche quando non c'è ritorno, resta comunque un vuoto che non è possibile colmare.

    [Liana Nissim, in Fabrizio De André. Accordi eretici, pp. 134-135]