• Lo spazio dedicato a Nietzsche potrebbe apparire esorbitante rispetto al resto della trattazione, ma la sosta sul suo pensiero intende sottolineare il radicale cambiamento da lui determinato nella impostazione della nostra disciplina. Infatti, la struttura di fondo della filosofia contemporanea consiste nel rifiuto di ogni forma immutabile e di ogni verità definitiva che pretendano di porsi al di sopra e al di là del divenire.

    Da questo rifiuto deriva la condizione particolare in cui versa la filosofia contemporanea: vale a dire l'accentuarsi di quella pluralità di filosofie che può essere considerata come una delle difficoltà principali per una definizione univoca del concetto di filosofia. Le scuole e le tendenze della filosofia novecentesca sono infatti assai varie e numerose, al punto che uno studioso serio e preparato come Carlo Sini ha sostenuto che "sarebbe arbitrario pretendere di delineare sin d'ora un profilo storicamente sistematico. Solo il tempo potrà fornire quelle prospettive e quei rilievi che rendono possibili delle vedute d'insieme e la demarcazione di linee di tendenza definite".
    A parte queste riserve, condivise da molti, possiamo però dire che a determinare questa condizione è stata proprio la rinuncia all'individuazione di princìpi metafisici, che ha indotto i filosofi a una maggiore attenzione al mondo umano e quindi al privilegiamento di determinati aspetti della realtà: ad esempio il mondo morale, o quello estetico, o scientifico, o politico.




    Questo atteggiamento ha prodotto tutta una serie di tendenze filosofiche, principalmente basate sull'analisi della realtà umana, quali, per citarne soltanto alcune, lo spiritualismo (Henri Bergson), la fenomenologia (Edmund Husserl), l'esistenzialismo (Martin Heidegger, Karl Jaspers, Jean-Paul Sartre), il pragmatismo (William James, John Dewey), il realismo (Alfred N. Whitehead, Bertrand Russell), il neopositivismo (Moritz Schlick, Ludwig Wittgenstein), la filosofia analitica (Alfred J. Ayer), la teoria critica della società (Theodor W. Adorno, Max Horkheimer, Herbert Marcuse), lo strutturalismo (Claude Lévi-Strauss, Jean Piaget, Michel Foucault), l'ermeneutica (Hans Georg Gadamer).




    Accanto a queste correnti più strettamente filosofiche, nel nostro secolo si sono inoltre delineate alcune discipline a cui, nel loro insieme, si attribuisce il nome di scienze umane, in quanto assumono l'uomo come specifico oggetto di indagine. Di tali scienze fanno parte la sociologia (oltre ad Auguste Comte, che ne è considerato il fondatore, Emile Durkheim e Max Weber), la psicologia (su tutti, Jean Piaget), la psichiatria (Ludwig Binswanger, Harry S. Sullivan), la psicoanalisi (Sigmund Freud, Carl Gustav Jung), l'antropologia (Lewis H. Morgan, James G. Frazer, Lucien Lévy-Brhul), la linguistica strutturale (Ferdinand de Saussure, Noam Chomsky), la semiotica (Roman Jakobson, Umberto Eco).

    L'estrema varietà e complessità, sia delle teorie filosofiche che delle discipline scientifiche appena nominate, impedisce ovviamente una qualsiasi sintesi che risulti, insieme, chiara e precisa.
    Cominciamo a rivolgere la nostra attenzione alla psicoanalisi, che è certamente la "scienza umana" che presenta le maggiori implicazioni filosofiche, e quindi compendia le esigenze di entrambe le categorie. Poi, se il tempo e le forze e la voglia ci soccorreranno, vedremo di dare un'occhiata almeno agli altri principali filosofi del XXI secolo.