• Virgilio Giotti, il cui vero cognome era Schönbeck, nacque a Trieste (all'epoca ancora parte dell'Impero austro-ungarico) il 15 gennaio 1885, da Richard Schönbeck, di origini boeme, e da Emilia Ghiotto, veneta, dal cui cognome desunse il suo nome d'arte.
    Frequentò un isituto d'arte in cui ebbe come compagno il pittore Guido Marussig, e a vent'anni tentò i primi esperimenti poetici in dialetto triestino, fra cui una traduzione del sonetto XXVI della Vita nuova ("Saluda cusì ben la mi putela") e con La canzon de la foia portada dal vento, dalla Imitazione leopardiana.
    Nel 1907, per sfuggire alla leva asburgica, si trasferì a Firenze, dove conobbe Federigo Tozzi e Dino Campana. Per mantenersi svolse diversi lavori, tra cui il venditore di oggetti dell'artigianato toscano fra l'Italia e la Svizzera.
    Nel 1912 conobbe la moscovita Nina Schekotoff, che diventò la sua compagna e dalla quale ebbe tre figli: la piccola Tanda (Natalia), e Paolo e Franco, che perdettero la vita in Russia durante la seconda guerra mondiale.
    Nel maggio del 1919 ritornò a Trieste, dove aprì una piccola rivendita di giornali e libri popolari, ed instaurò una frequentazione assidua e una collaborazione artistica con Umberto Saba, per il quale illustrò fra l'altro la plaquette di Cose leggere e vaganti.
    Il decennio dal 1920 al 1929 fu quello più sereno della vita di Giotti: ebbe un lavoro come ispettore degli asili in Istria e nel Carso, educò personalmente i figli, disegnò, scrisse poesie... Ma nel 1929 una grave tragedia scosse la sua vita: la sorella Maria, ch'era andata in moglie a un caro amico di Virgilio, Giorgio Fano, abbandonata da questi, si uccise insieme al figlio gravemente malato.
    Nel 1938, il critico Pietro Pancrazi gli dedicò un articolo sul "Corriere della Sera", collocandolo fra i grandi poeti dialettali del secolo. Altri famosi critici, come Fubini, Sapegno, Segre e Contini scrissero parole lusinghiere.
    Nel 1941 morì la madre Emilia, oggetto di intensi ritratti, sia in forma lirica sia disegnati.
    Nel 1943 per la casa editrice Le Tre Venezie, nella collana L'Arcobaleno diretta da Diego Valeri, apparvero, con il titolo definitivo Colori, tutte le poesie in dialetto comprese le inedite.
    Su "Il Ponte" del novembre 1948 un saggio di Mario Fubini ("Poesia di Giotti") indicò in Giotti uno dei maggiori tra i poeti in dialetto; giudizio confermato negli anni successivi da Pier Paolo Pasolini nell'antologia Poesia dialettale del Novecento.
    Nel 1957 gli fu assegnato il premio dell'Accademia dei Lincei, e l'editore Ricciardi pubblicò Colori, di cui Giotti corresse le bozze senza però poter vedere il libro stampato. Morì infatti, a Trieste, il 21 settembre di quello stesso anno.