• NOTA
    Tutte le citazioni qui riportate sono tratte da Jean-Paul Marat, L’amico del popolo, Editori Riuniti, Roma 1968.



    È folle far dipendere la riforma di un governo dalle virtù di uomini ignoranti e tronfi, di vili egoisti unicamente dediti ai loro interessi o ai piaceri.

    È giusto vendicarsi dei responsabili dei nostri mali.

    È sull’assoggettamento, l’oppressione, l’avvilimento e l’infelicità della moltitudine, che la minoranza si innalza, fonda il suo dominio, la sua gloria e la sua felicità.

    Finché il legislatore è tratto da una sola classe di cittadini, non ci si illuda di vederlo lavorare al bene comune.

    I diritti civili di ogni individuo non sono, invero, che i suoi diritti naturali controbilanciati da quelli degli altri individui e limitati laddove essi comincerebbero a lederli. Limitati in questo modo, essi cessano di essere pericolosi per la società e devono essere cari a tutti i suoi membri cui garantiscono la pace. Da ciò risulta l’obbligo, che ciascuno assume, di rispettare i diritti altrui, per assicurarsi il pacifico godimento dei suoi: è dunque grazie al patto sociale che i diritti naturali acquistano un carattere sacro.

    Il popolo non prevede mai i mali che gli si preparano. Si possono benissimo rendere illusori i suoi diritti, minare le basi della sua libertà; egli si accorge della sua sventura soltanto quando la sente.

    Il solo fondamento legittimo della società è la felicità di coloro che la compongono.

    In una società in cui le ricchezze sono molto ineguali e in cui le più grandi fortune sono quasi tutte frutto dell’intrigo, della ciarlataneria, del favoritismo, delle malversazioni, delle vessazioni, delle rapine, coloro che affogano nel superfluo devono preoccuparsi dei bisogni di quelli che mancano del necessario.

    La cura della propria conservazione è il primo dovere dell’uomo. […] Chi ruba per vivere, finché non può fare diversamente, non fa che esercitare i propri diritti.

    Per rimanere liberi bisogna stare continuamente in guarda contro coloro che governano.

    Prendi coscienza delle tue sventure, popolo vile e stupido; e se nulla può richiamarti ai tuoi doveri, passa i tuoi giorni nell'oppressione e nella miseria, finiscili nella vergogna e nella schiavitù.

    Si dice che spetta ai legislatori che seguiranno, riformare le leggi ingiuste o pregiudizievoli. […] Ma perché il popolo non potrebbe ciò che possono i suoi rappresentanti?

    Soltanto nella libertà e nell’agiatezza le capacità possono svilupparsi.

    Una verità eterna, di cui è importante convincere gli uomini, è che il più mortale nemico che i popoli debbano temere è il governo.

    Voi capite come me, se non avete rinunciato a buon senso, quanto sia crudele che il lavoro, la miseria e la fame siano ciò che spetta alla moltitudine, mentre l’abbondanza e le delizie spettano a una minoranza.