• Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo poetico, i figli della luna; alle persone che noi chiamiamo gay oppure, per una strana forma di compiacimento, diversi, se non addirittura culi. Mi fa piacere contarla così, a luci accese, a dimostrare che oggi si può essere semplicemente se stessi senza bisogno di vergognarsi.
    [Fabrizio De André, presentando il brano durante il concerto al Teatro Smeraldo di Milano, 19/12/1992]


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    La canzone parla di un figlio della luna, vittima della guerra. L'ambiente richiama il mondo delle fiabe, ma il dolore per la perdita dell'amato è tragicamente reale. Così Andrea si suicida gettandosi nel pozzo più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto; quest'atto gli sembra l'unico modo per vincere il dolore.
    [Matteo Borsani - Luca Maciacchini, Anima salva, p. 114]


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    Ambientata durante la prima guerra mondiale. (...) In origine s'intitolava "Lucia", una agazza che si buttava in un pozzo perché le dicevano cheil suo ragazzo era morto in guerra. L'inizio, "Lucia si è persa, si è persa, e non sa tornare", fotografava la sua impossibilità di tornare in vita perché si era persa nel fondo di un pozzo. Poi ci venne, improvvisa, l'idea di classicizzarla e riprendere la struttura dei due soldati amanti. Funzionò, perché le dieve un contenuto più eretico e originale. Lidea venne mentre eravamo in macchina. Stavamo andando a Cortina a trovare certi amici di Fabizio. Passando sul Piave, notammo un cartello che diceva: "Fiume sacro alla patria". Fabrizio disse: "Come può essere sacro un luogo di massacro?". Pensammo a due soldati amanti, uno morto sulla bandiera, ucciso sui monti di Trento dalla mitraglia, e l'altro che si lascia cadere nel pozzo, disperato. Una vera tragedia popolare."
    [Massimo Bubola, in Massimo Cotto, Fabrizio De André raccontato da Massimo Bubola, Aliberti, Reggio Emilia 2006, pp. 15-16]


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    "Ci fa piacere - svela il cantautore - cantare questa canzone (...) anche a dimostrazione che oggi, almeno in Europa, ognuno può essere semplicemente se stesso senza bisogno di vergognarsene più". Faber, riprendendo Platone, racconta di un "figlio della luna" (in origine "Lucia"), che è vittima della guerra, in un ambiente che però richiama oniricamente il mondo delle fiabe, nonostante il dolore per la morte dell'amato sia tragicamente realistico. E l'unico modo per vincere la sofferenza è il suicidio di Andrea con il volo nel "pozzo più fondo del fondo degli occhi della Notte del Pianto". Si tratta di un brano che restera, assieme a La guerra di Piero, fra i testi più decisamente antimilitaristi non solo dell'opera di De André, ma anche dell'intera moderna canzone italiana, con una pesante coraggiosa novità: la love story omosessuale sullo sfondo della prima guerra mondiale, diventando così anche un brano sulle diversità.
    Il pezzo si apre su riff chitarristici rockeggianti a perpetuare una dolce melodia dai simpatici risvolti tex-mex, con tanto di brevi assolo quasi mandolinistici.
    [Guido Michelone, La storia dietro ogni canzone, p. 29]