Suzanne è una donna del porto (forse una prostituta), una folle incantatrice che, silenziosa e dolcissima, passionale e romantica, sa far conoscere l’amore, un amore libero e armonioso, tra spazzatura e fiori (Come non ricordare il metaforico “letame” di Via del campo?).
Del resto anche Cristo è visto come uomo di porto che ha concesso la conoscenza di sé soltanto agli annegati, cioè ai poveri, agli straccioni (quelli di Laudate hominem). La condizione di dolore però va accettata e Suzanne accetta di reggere lo specchio della situazione.
[Matteo Borsani – Luca Maciacchini, Anima salva, Tre Lune, Mantova, 1999, pp. 96-97]


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Suzanne è una signora del porto, un’incantatrice che guida i suoi amanti su lunghezze d’onda dolcissime e superiori.
[D. Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Editori Associati, 19993, p. 192]


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"Suzanne è una donna misteriosa, un'incantatrice" - rileva Faber - "che guida i suoi amanti lungo una strada disseminata di dolore". Il brano viene con lui tradotto e riadattato dall'omonima canzone - forse la più nota in Italia - del celeberrimo folksinger canadese Leonard Cohen, che - assieme ai più glorificati (anche internazionalmente) George Brassens e Bob Dylan - resta il "neomenestrello" più interiorizzato dal Cantautore genovese. Il testo parla di Suzanne Verdal, ballerina incontrata a Montréal da Cohen, che per lei scrive altre due liriche (senza musica) incluse poi nel libro Parasites of Heaven. L'argomento letterario è duplice (e intrecciato) nel senso che il protagonista (l'Autore, nell'originale) va dalla ragazza un po' hippy, in un cottage vicino al fiume St. Lawrence, e al contempo scatena la propria fantasia entrando nella Chapelle de Bonsecours, chiesetta dei marinai (ancora nei pressi di Montréal). Alla pari di Cohen, De André lascia una trama sfuggente che eccita l'attenzione dell'ascoltatore, per via di un incanto quasi fiabesco, che sembra prenderlo per mano e condurlo in microcosmi di fantasmi immaginifici. Il protagonista - fin dal primo incontro con l'esotica fanciulla - si rende conto di essere da sempre il suo innamorato, in un connubio ideale mente/corpo; e nell'epilogo è lei a elevare a bellezza persino le contraddizioni del mondo contemporaneo sempre grazie all'amore. Ma è un amore pan-universale da cui si possono prendere anche le distanze, perché in fondo Suzanne è un sogno, o meglio un'icona con la quale viaggiare nella propria testa.
Musicalmente - con gli arrangiamenti di Nicola Piovani rivisti da Gian Piero Reverberi - non v'è quasi differenza tra l'una e l'altra versione, benché la voce più calda di Fabrizio conferisca meno freddezza e più condivisione rispetto a quanto viene cantato.
[Guido Michelone, Fabrizio De André. La storia dietro ogni canzone, Barbera, 2011, p. 129]


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Silenziosa e dolcissima, Suzanne la pazza sa far conoscere l’amore, un amore libero e armonioso, anche questa volta tra spazzatura e fiori.
[L. Nissim, in in Fabrizio De André. Accordi eretici, EuresisEdizioni, 1997]


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Suzanne è un’immagine femminile intessuta di mistero e di diversità, la “pazza” che vede lontano e dissemina amore lungo le vie di un destino di dolore, come Gesù.
[G. Romana, Amico fragile. Fabrizio De André, Sperling & Kupfer, 19993, p. 104]