• È il testo più duro dell’album e descrive la via crucis. Il nostro cantautore è molto attento a narrare quello che accade attorno a Gesù mentre, coperto di sangue e sotto lo sguardo dei soldati, porta il patibolo.
    La canzone è composta di cinque strofe. Ognuna dipinge una categoria di personaggi toccati, in qualche maniera, dalla vita, dalla predicazione e, ora, dalla sofferenza di Cristo. I primi sono i padri dei bambini fatti uccidere da Erode con l’intento di colpire anche Gesù. A trent’anni di distanza, finalmente possono dire che giustizia è fatta.
    Le vedove che precedono il condannato piangono non solo la sua sorte, ma anche la loro: “fedeli umiliate da un credo inumano / che le volle schiave già prima di Abramo2.
    Gli apostoli temono di essere riconosciuti e quindi di fare la stessa fine. Essi lo seguono confusi tra la folla, convinti che il sangue del maestro basterà a redimere il mondo e non è necessario che versino anche il proprio.
    Dopo una strofa sugli uomini di potere che hanno condannato Gesù e che ora si preoccupano della reazione degli umili e degli straccioni, l’ultimo ritratto è per i due ladri che, crocifissi con il Cristo, ne hanno condiviso la passione, ma di loro non rimarrà neppure il ricordo dei nomi.
    [Matteo Borsani – Luca Maciacchini, Anima salva, Tre Lune, Mantova, 1999, p. 67]


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    De André racconta la storia di Cristo quale uomo (e non come Dio) nell'episodio della Via Crucis, ovvero il percorso che storicamente compie il Nazareno con la corona di spine e la croce in spalla, per salire sul monte Golgota dove poi viene giustiziato. Faber compone nell'ottica di svariati personaggi, descrivendone reazioni e aspettative davanti alla crocifissione del Signore. I bambini morti della prima strofa sono quelli relativi allo sterminio che Erode ordina con i nati lo stesso giorno del nuovo "re dei re". Nella seconda strofa c'è il pensiero delle donne ebree, costrette dalla loro cultura ad essere schiave dei propri mariti anche dopo la morte di questi ultimi e di essergli fedeli per sempre. Poi vengono gli Apostoli che, timorosi di essere scoperti, non gli rendono omaggio e quasi lo tradiscono nel momento più doloroso. La strofa successiva invece descrive i sacerdoti contenti nel vedere l'umanità (e non la divinità) del Redentore. L'ultima strofa è dedicata ai ladroni che hanno l'onore di accompagnare Gesù fin sopra il patibolo, morendo tutti con identica dignità, compianti sotto la croce unicamente dalle tre madri. Il Folksinger commenta: "Gli evangelisti apocrifi sono vissuti in carne e ossa, solo che la Chiesa mal sopportava che ci fossere altre persone non di confessione cristiana a occuparsi di Gesù. Si trattava di scrittori arabi, armeni, bizantini, greci [...]". E musicalmente la ballad procede con il consueto stile declamatorio, forse un po' roboante, ma sempre dotato di grande sincerità e di vero lirismo in eufonico legame con la fabula letteraria.
    [Guido Michelone, Fabrizio De André. La storia dietro ogni canzone, Barbera, 2011, pp. 143-144]