• A me pare che Genova abbia la faccia di tutti i poveri diavoli che ho conosciuto nei suoi caruggi, gli esclusi che avrei ritrovato in Sardegna ma che ho conosciuto per la prima volta nelle riserve della città vecchia, le "graziose" di via del Campo e i balordi che potrebbero anche dar via la loro madre, per mangiare. I fiori che sbocciano dal letame. I senzadio per i quali chissà che Dio non abbia un piccolo ghetto ben protetto, nel suo paradiso, sempre pronto ad accoglierli.
    [in C. G. Romana, Amico fragile. Fabrizio De André, Sperling & Kupfer Editori, Milano 19993, p. 10]

    Aspetterò domani, dopodomani e magari cent'anni ancora finché la signora Libertà e la signorina Anarchia verranno considerate dalla maggioranza dei miei simili come la migliore forma possibile di convivenza civile, non dimenticando che in Europa, ancora verso la metà del Settecento, le istituzioni repubblicane erano considerate utopia.
    [in C. G. Romana, Amico fragile. Fabrizio De André, Sperling & Kupfer Editori, Milano 19993, p. 157]

    C'è chi è toccato dalla fede e chi si limita a coltivare la virtù della speranza [...]. Il Dio in cui, nonostante tutto, continuo a sperare è un'entità al di sopra delle parti, delle fazioni, delle ipocrite preci collettive, un Dio che dovrebbe sostituirsi alla così detta giustizia terrena in cui non nutro alcuna fiducia alla stessa maniera in cui non la nutriva Gesù, il più grande filosofo dell'amore"
    [in "Buscadero" 175°, dicembre 1996]

    Credo che l'uomo potrà anche conquistare le stelle, ma le sue problematiche fondamentali sono destinate a rimanere le stesse per molto tempo se non addirittura per sempre.
    [in A. Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André, Fratelli Frilli Editori, Genova 2000, p. 87]

    "Di che cosa ha paura oggi Fabrizio De André?" Sicuramente della morte. Non tanto della mia, che in ogni caso, quando arriverà, mi farà provare la mia buona dose di paura - quanto la morte che ci sta intorno, lo scarso attaccamento alla vita che noto in molti nostri simili, che si ammazzano per dei motivi sicuramente più futili di quanto non sia il valore della vita. Io ho paura di quello che non capisco, e questo proprio non mi riesce di capirlo.
    [intervista rilasciata a V. Mollica nel 1988. Ora nel video allegato a Come un'anomalia, Einaudi]

    Di un omicidio sono responsabili soltanto gli autori del crimine ed eventualmente i loro mandanti; di un suicidio, invece, è generalmente responsabile tutta la società, o almeno quella microsocietà che lo ha resto possibile.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 9]

    Direi d'essere un libertario, una persona estremamente tollerante. Spero perciò d'essere considerato degno di poter appartenere ad un consesso civile perché, a mio avviso, la tolleranza è il primo sintono della civiltà, deriva dal libertarismo. Se poi anarchico l'hanno fatto diventare un termine negativo, addirittura orrendo... Anarchico (...) vuol dire semplicemente che uno pensa di essere abbastanza civile per riuscire a governarsi per conto proprio, attribuendo agli altri, con fiducia (visto che l'ha in se stesso), le sue stesse capacità. Mi pare che così vada intesa la vera democrazia. (...) Ritengo che l'anarchia sia un perfezionamento della democrazia. Tutti gli anarchici seri la pensano così. Sono quelli che non sono anarchici che invece la fanno pensare diversamente.
    [in D. Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, terza edizione: 1999, pp. 47-8]

    Fu grazie a Brassens che scoprii di essere un anarchico. Furono i suoi personaggi miserandi e marginali a suscitarmi la voglia di saperne di più. Cominciai a leggere Bakunin, poi da Malatesta imparai che gli anarchici sono dei santi senza Dio, dei miserabili che aiutano chi è più miserabile di loro. Santi senza Dio: partendo da questa scoperta ho potuto permettermi il lusso di parlare anche di Gesù Cristo, prima in Si chiamava Gesù, poi in La buona novella, e oggi mi viene il dubbio che anche lui non fosse che un anarchico convinto di essere Dio; o forse, questa convinzione, gliel'hanno attribuita gli altri. Intanto, da Bakunin ero passato a Stirner, e da una visione collettivistica ne scoprii una individualistica: dopo tutto, ci vuole troppo tempo a trovare gente con la quale vivere le mie idee, e così me le vivo da solo.
    [in C. G. Romana, Amico fragile. Fabrizio De André, Sperling & Kupfer Editori, Milano 19993, p. 61]

    I caruggi e i vicoli sono abitati dalla parte più balorda, è un'area degli emarginati, puttane, contrabbandieri, ma non ho mai visto una goccia di sangue né una manifestazione di intolleranza.
    [in A. Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André, Fratelli Frilli Editori, Genova 2000, p. 61]

    Il capitalismo non può essere democratico.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 11]

    Il più grande testo d'amore che io abbia mai letto è il Vangelo.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 21]

    In questo mondo senza giustizia solo i cosiddetti perdenti sono dalla parte giusta.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 97]

    Innanzitutto l'uomo deve superare i grandi disagi: il primo quando nasce e deve imparare a convivere con elementi a lui estranei; il secondo quando scopre la paura della morte e, infine, la solitudine per scelta. Accettandoli tutti e tre si arriva a una profonda maturazione spirituale. Soltanto chi è davvero solo è libero.
    [in A. Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André, Fratelli Frilli Editori, Genova 2000, p. 118]

    Io credo che gli uomini agiscano certe volte indipendentemente dalla loro volontà. Certi atteggiamenti, certi comportamenti sono imperscrutabili. La psicologia ha fatto molto, la psichiatria forse ancora di più, però, dell'uomo, non sappiamo ancora nulla. Certe volte, insomma, ci sono dei comportamenti anomali che non si riescono a spiegare e quindi io ho sempre pensato che ci sia ben poco merito nella virtù e poca colpa nell'errore, anche perché non ho mai capito bene che cosa sia la virtù e cosa sia l'errore. È una questione di relativismo, sia geografico che temporale. Basta spostarci di paralleli e meridiani che troviamo cose per noi turpi da un punto di vista morale, e invece normalissime per certi gruppi che popolano l'Amazzonia. Dal punto di vista temporale, si pensi ad una brava persona, un tedesco di trent'ottanni, che nutriva i propri figli, che era innamorato della moglie e non pensava al altro che alla famiglia e al lavoro; bene, quest'uomo il sabato e la domenica si metteva la camicia blu e andava ad ascoltare e ad applaudire i discorsi di Hitler. Era una brava persona? Vedete che tutto è molto relativo. Anche le leggi sono assolutamente relative e il loro rispetto altrettanto. Insomma, credo che siamo tutti condizionati da un relativismo morale. Non esistono, secondo me, verità assolute. E quindi è inutile condannare qualcuno.
    [presentando La città vecchia durante il tour del 1997]

    Io mi ritengo religioso, e la mia religiosità consiste nel sentirmi parte di un tutto, anello di una catena che comprende tutto il creato, e quindi nel rispettare tutti gli elementi, piante e minerali compresi, perché secondo me l'equilibrio è dato proprio dal benessere diffuso in tutto ciò che ci circonda. La mia religiosità non arriva a cercare di individuare il principio, che tu voglia chiamarlo creatore, regolatore o caos non fa differenza. Però penso che tutto quello che abbiamo intorno abbia una sua logica, e questo è un pensiero al quale mi rivolgo quando sono in difficoltà, magari anche dandogli i nomi che ho imparato da bambino, forse perché mi manca la fantasia per cercarne altri.
    [in R. Cappelli, Cantico per i diversi, "Mucchio selvaggio", settembre 1992]

    Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci, sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio, una specie di cinghiale laureato in matematica pura.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 10]

    La stessa educazione è menzogna: ci insegnano a comportarci secondo certe convenzioni, secondo certi tabù.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 176]

    Le organizzazioni sono la morte dell'uomo perché nascondono in sé i germi della violenza.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 138]

    Non necessariamente la richiesta di autodeterminazione di un popolo, di un'etnia, porta allo sgretolamento. E poi lo sgretolamento di che cosa? Dello Stato? Ma lo Stato non è che il pesantissimo involucro burocratico di una nazione, ne è l'organizzazione verticistica, con la divisione dei sudditi in classi sociali. C'è chi Io vorrebbe più grande come gli europeisti e chi lo vorrebbe più piccolo come i secessionisti. Per quanto mi riguarda mi accontenterei di sentirmi partecipe di un grande privilegio: l'appartenenza alla razza umana. Per il resto, facciano pure loro. Certo uno Stato europeo mi fa paura come me la farebbe uno Stato padano, come ci ha fatto paura lo Stato italiano, basti pensare alle ultime due guerre: perché sa, non sono mica i popoli, come vogliono farci credere, che si dichiarano guerra, sono proprio gli Stati. E d'altra parte una nazione europea, a ben vedere, esiste già e questi miei connazionali li frequento da decenni; pure con la gente padana ho consuetudini pluridecennali, anche se mi riesce difficile individuarli come entità nazionale a sé stante. Comunque, facciano come credono, io mi riconosco in ogni mio simile, ricco o povero che sia perché questa opera di sgretolamento, o quell'altra di megastatalizzazione, seguono soltanto il ritmo convulso delle pulsioni economiche.
    [intervista rilasciata a Cesare Pastarini, "Gazzetta di Parma", 4 marzo 1997]

    Paura della morte ce l'abbiamo naturalmente tutti. Per evitarla bisognerebbe non pensarci, ma è assolutamente impossibile evitare di farlo. A un certo punto ci si comincia a pensare.
    [in D. Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, terza edizione: 1999, pp. 41]

    Per me la società, voglio dire la maggioranza di questa società, non è altro che un enorme branco di figli di puttana.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 27]

    Qualche mio collega sostiene che io sia un falso proletario. Proletario io? Né falso, né vero. A parte che spesso mi sono trovato in bolletta, perché non c'è gusto migliore che spendere i propri soldi, per bagordare e viaggiare con gli amici. E d'altronde quella di proletario è pur sempre un'etichetta, sicché la rifiuterei in ogni caso, come tutte le altre etichette che via via hanno provato ad appiccicarmi addosso - di comunista, di democristiano, di socialista, di borghese, perfino di fascista. Se sono, "più modestamente", un anarchico è perché l'anarchia, prima ancora che un'appartenenza, è un modo di essere.
    [in C. G. Romana, Amico fragile. Fabrizio De André, Sperling & Kupfer Editori, Milano 19993, p. 61]

    Quello che io penso sia utile è di avere il governo il più vicino possibile a me e lo Stato, se proprio non se ne può fare a meno, il più lontano possibile dai coglioni.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 10]

    Quello che mi ha colpito del mondo dei caruggi è stata l'abitudine alla sofferenza e quindi alla solidarietà. Erano solidali in qualsiasi occasione, perché si trattava di sottoproletariato, quindi neanche di una classe precisa, agguantabile da quelli che erano i partiti politici tradizionali; era un mondo che in qualche misura si difendeva dallo stato e quindi io ci ho sguazzato dentro. Avevo già delle idee politiche precise, ricavate da Brassens che ascoltavo dalla mattina alla sera, grazie ai dischi che mio padre mi portava dalla Francia, e lui descriveva questo mondo, questi personaggi emarginati che poi io ho ritrovato a Genova.
    [in L. Viva, Vita di Fabrizio De André, Feltrinelli, Milano 2000, p. 64.]

    Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti?
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 9]

    Se i cosiddetti "migliori" di noi avessero il coraggio di sottovalutarsi almeno un po', vivremmo in un mondo infinitamente migliore.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 13]

    Secondo me, la scienza non è ancora riuscita a risolvere problemi esistenziali.
    [in D. Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, Edizioni Associate, terza edizione: 1999, pp. 157]

    Siccome tutti gli individui in fondo sono fatti delle stesse cose, analizzando te stesso offri anche una via agli altri per conoscersi, per scoprirsi.
    [C. Silvestro, Fabrizio De André tra il mare, le pietre e il vento, in "Sette - Corriere della Sera", n. 28, 13 luglio 1991]

    Sono più portato a scrutare la vita altrui di quanto non faccia con la mia; mi attirano i perdenti.
    [in C. G. Romana, Amico fragile. Fabrizio De André, Sperling & Kupfer Editori, Milano 19993, p. 115]

    Tu brindi all'anno che viene. Io piango l'anno che va.
    [Fabrizio De André, Sotto le ciglia chissà, Mondadori (Oscar Saggi), Milano 2018, p. 227]