• Credo sia utile prima di cominciare qualunque discorso di andare a sottolineare una differenza essenziale nella filosofia della speranza marceliana. Troviamo diverse tematizzazioni della speranza nel nostro autore, ma credo che quella più importante da sottolineare è la distinzione che egli fa tra "Spero che" e "Spero in"1. Mentre il primo asserto da una visione della speranza molto bassa, il secondo asserto invece ce ne mostra il lato altruistico. Dice Marcel che proprio in quest'ultima visione si dispiega il vero senso della speranza intesa come dono che illumina l'esistenza, ma deve esserci una piena sinergia tra questo dono e la buona volontà. Proprio perché altruistica la speranza deve portare l'uomo a donarsi.

    L'aspetto donativo della speranza viene in più punti ripreso e amplificato da Marcel, egli infatti sostiene che essa è tale in quanto è attesa, è un legame tra il tragico della vita e il trascendente. Essa ha per Marcel un carattere profetico e anticipa una pienezza che solo in parte ora riusciamo ad intravedere2.

    Sperare in un Tu, significa attendere qualcosa di inatteso, significa saper amare. L'amore qui non è inteso come un semplice rapporto io-tu, ma come un rapporto più complesso io- Tu e di conseguenza io- Noi. Cioè per Marcel la speranza ha essenzialmente una dimensione comunionale.

    La speranza è essenzialmente ciò che ci permette di illuminare il nostro cammino e quello degli altri, così parla la Lumen Gentium: «Ivi sono da Dio chiamati alla santificazione del mondo [...], principalmente con la testimonianza della loro stessa vita e con il fulgore della loro fede, della loro speranza e della loro carità»3.
    In definitiva possiamo così definire le caratteristiche della speranza per Marcel:
    • Essa è intessuta di disponibilità;
    • È orientata verticalmente;
    • Non è soggetta ai criteri della ragione calcolatrice;
    • Ha un carattere profetico di comunione.
    Dobbiamo infine rilevare in nesso tra la morte e la speranza che sarà fondamentale per cogliere le distinzioni tra Marcel e Bloch. Un'autentica filosofia della speranza deve fare i conti con l'enigma della morte. Dice innanzitutto Marcel che bisogna eliminare, per fare un autentico confronto, la visione trionfalistica, che banalizza la morte e la visione nichilista, per la quale dopo la morte nulla più è dato. Il rifiuto di queste due visioni spinge Marcel a concepire la speranza come coglimento di quell'amore che solo Cristo ci ha dato come vincitore della morte. Sperare significa andare al di la della morte cogliere la grande promessa di resurrezione e di eternità che si nasconde dietro il sacrificio di Gesù. Risuonano qui le parole del salmo: "Solo in Dio riposa l'anima mia: da lui la mia speranza"4, proprio perché la speranza spinge il nostro sguardo verso l'amore dell'eterno.


    Il filosofo tedesco Ernst Bloch ha lasciato un'opera monumentale, Il principio speranza. Quest'opera è una grande enciclopedia della speranza, che mostra come la speranza stessa si insinui in tutte le manifestazioni dell'uomo a partire dai sogni, che sono un'attesa di un mondo migliore. A Shakespeare, che si chiedeva di quale materia fossero fatti i sogni, Bloch risponderebbe che la materia di cui sono fatti i sogni è appunto la speranza. L'opera contiene anche un'analisi della speranza fatta a livello apparentemente più volgare. Da qui Bloch passa ad analizzare la speranza non soltanto in termini di utopia e quindi in termini di politica, anzi l'aspetto più attuale di questo libro è di non considerare la speranza soltanto in termini politici, visto che di speranze ne abbiamo perse tante per strada ed egli stesso ha perso la speranza, legata al marxismo, di una società senza classi e di un mondo migliore5. Bloch scopre la speranza non soltanto nelle costruzioni politiche, ma anche e soprattutto in quelle forme di grande arte, come nella musica, nella pittura, nella filosofia ed infine il libro si conclude con la più grande sfida alla speranza che è rappresentata dalla morte: noi possiamo ragionevolmente sperare che la morte non sia la fine di tutto.

    L'utopia di Bloch, o la speranza di Bloch, non riguarda tanto il futuro quanto il presente, nel senso che per Bloch ogni istante può diventare significativo, noi dobbiamo imparare a vivere ogni momento come se fosse eterno: "Cogli l'eternità nell'istante"6 è un principio fondamentale di Bloch. Naturalmente per "eternità" non si intende un tempo lungo, gonfiato oltre ogni dimensione finita, per "eternità" si intende la pienezza dell'esistere, l'eternità riguarda quei momenti d'essere in cui a me sembra di scoprire il senso delle cose e questo senso delle cose io lo scopro andando al di là dell'oscurità dell'attimo vissuto7.

    Il principio che Bloch ritiene più originale di tutta la sua filosofia è quello di aver scoperto che la nostra coscienza del presente, che a noi sembra così cristallina, così trasparente, è in realtà opaca, e che quindi il presente in effetti è oscuro, o, usando un proverbio cinese che usava Bloch: "Alla base del faro non c'è luce". Questo significa allora che noi non dobbiamo proiettarci nel futuro in quanto tale, ma illuminare, attraverso la conoscenza e attraverso la conoscenza della speranza, quello che è il centro del nostro essere, cioè dobbiamo buttare luce, dare senso a ogni momento della nostra esistenza. Questo accade ad esempio attraverso l'arte, attraverso la musica in particolare, dove si ha il massimo di esattezza matematica e il massimo di pathos: questa è una bella illustrazione del principio speranza, la speranza non è soltanto pathos, ma è anche misura e quindi la speranza è una forma che mobilita gli animi, come la musica ci può dare un senso di esaltazione, di tristezza, ma nello stesso tempo questo senso di esaltazione o di tristezza è retto da una struttura matematica rigorosa8.


    Siamo giunti al confronto. Dopo aver analizzato per sommi capi la concezione sulla speranza di entrambi i filosofi, possiamo ora tentare un confronto. Storicamente esso è avvenuto nel corso di un dibattito radiofonico il 12 maggio 1967, dibattito che permise a Marcel di chiarire la natura della speranza, l'ambito della sua realizzazione e il nesso tra la speranza e la morte.

    "La speranza è una proprietà universalmente umana, basata sulla più universale proprietà umana, intendo dire il desiderio e, ad un livello superiore, la nostalgia" afferma Bloch, chiarendo, poi, che essa consiste nel presentificare un futuro non ancora compiuto sia per il mondo esterno che per l'io nella sua vita interiore. Marcel, invece, ritiene che la speranza sia l'anelito di un'anima ad una forma di liberazione assoluta il cui compimento non si realizza pienamente nell'arco della vita. Bloch limita la sfera dello sperabile a ciò che può realizzarsi nella vita terrena, Marcel, invece, vede in questa limitazione una sorta di disperazione, un precludersi la possibilità di comprendere il nesso che intercorre tra speranza e morte. Per Marcel, infatti, l'unica speranza che interessa veramente l'uomo è quella di essere liberato dalla morte, cioè la speranza della resurrezione. Bloch, togliendo alla morte ogni drammatica gravità, la considera lucrezianamente, come la fine di un banchetto, dal quale i commensali si alzano sazi e soddisfatti. Marcel risponde che una tale argomentazione e una siffatta concezione "gastronomica" della vita risulta insignificante a chi, per esempio, ha perso un figlio o è affetto da malattia incurabile. Emerge, quindi, la profonda distanza tra due modi di intendere l'avventura umana: l'uno di tipo immanentistico, l'altro, invece, profondamente religioso e aperto alla trascendenza.

    La speranza, quindi in ultima analisi da adito per Bloch a una meta-religione che si esaurisce in un'escatologia senza Dio, poiché egli è un ideale utopisticamente ipostatizzato. Per Marcel invece, come uomo teso verso Dio, la speranza è solo il rapporto e la visione con un Tu assoluto che mi porta alla relazione con gli altri9.


    FONTI DI RIFERIMENTO
    1 G. Marcel, Fenomenologia e metafisica della speranza, Parigi, 1942.
    2 Cfr. E. Piscione, Antropologia e apologetica in Gabriel Marcel, Reggio Emilia, 1980.
    3 Concilio Ecumenico Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium (21.11.1964), in EV, 1/312.
    4 Salmo 62, 6.
    5 Cfr. G. Cunico, Bloch, in Enciclopedia filosofica, 2, Milano, 2010, 1325.
    6 E. Bloch, Il principio speranza, trad. it., Milano, 2005.
    7 Cfr. G. Cunico, Bloch, in Enciclopedia filosofica, 2, Milano, 2010, 1324.
    8 Questo testo è liberamente tratto da un'intervista fatta al professore Remo Bodei nella primavera del 1994.
    9 E. Piscione, Antropologia e apologetica in Gabriel Marcel, Reggio Emilia, 1980.