• Questo libro, come dichiara esplicitamente l'autore nella Prefazione, è stato scritto

    nella convinzione che, mediante sforzi ben indirizzati, molti infelici possano liberarsi della loro infelicità e diventare felici.


    Il saggio si divide in due parti: la prima è dedicata all'analisi delle "cause di infelicità"; la seconda mira appunto a individuare le "cause di felicità". La nostra sintesi si limiterà alla prima parte, persuasi che una felicità tutt'altro che indifferente sorgerà spontaneamente dalla rimozione delle principali "cause di infelicità" segnalate e descritte dall'autore.


    * * *


    Russell parte dalla constatazione che "nella grande maggioranza dei casi" gli uomini sono infelici, ed afferma che le cause di tale infelicità

    sono da ricercarsi in parte nel sistema sociale, in parte nella psicologia individuale, la quale, naturalmente, è essa stessa in misura considerevole un prodotto del sistema sociale. [...]


    Nel discutere tale problema, tuttavia, Russell dichiara di rivolgere la propria attenzione

    a coloro che non sono soggetti ad alcuna grave causa di infelicità proveniente dall'esterno. Presuppongo un reddito sufficiente a garantire il cibo e un tetto, e uno stato di salute che permetta le attività fisiche normali. Non prendo in considerazione le grandi sciagure, quali la perdita di tutti i propri figli o una calamità pubblica. Vi è molto da dire su questi argomenti, e tutte cose importanti, ma appartengono a un ordine di cose diverse da quelle che desidero dire. Il mio intento è quello di suggerire un rimedio contro quel quotidiano, comune scontento del quale soffre la maggior parte della gente nei paesi civili e che è tanto più insopportabile in quanto, non avendo alcuna causa esterna evidente, sembra inesorabile. Io credo che tale scontento sia dovuto in gran parte a un modo errato di considerare il mondo, a un'etica sbagliata, ad abitudini sbagliate, che portano alla distruzione di quel gusto e di quell'appetito naturali per le cose possibili dai quali alla fine dipende tutta la felicità. [...]
    Gli interessi esterni, è vero, possono essere causa di sofferenza, il mondo può precipitare nella guerra, la conoscenza di questa o di quella branca del sapere può essere difficile da acquisire, gli amici possono morire. Ma questi dolori non distruggono la qualità essenziale della vita, come fanno quelli che hanno origine dal disgusto di noi stessi. Ed ogni interessamento esterno spinge a qualche attività la quale, fintanto che l'interesse si conserva vivo, è un sicuro preventivo contro l'ennui. L'interesse per il proprio io, al contrario, non spinge ad alcuna attività di carattere costruttivo. [...]
    La disciplina esteriore è la sola via che conduca alla felicità per quegli infelici, troppo dediti all'introspezione per poter essere curati in altro modo.
    La concentrazione in se stessi è di varie specie. Possiamo citare, quali tipi comunissimi, il narcisista e il megalomane. [...]
    È chiaro che le cause psicologiche dell'infelicità sono molte e varie. Ma tutte hanno qualche cosa in comune. L'uomo tipicamente infelice è colui che, essendo stato privato in gioventù di qualche normale soddisfazione, è giunto ad apprezzare quella particolare soddisfazione più di qualsiasi altra, e ha quindi dato alla sua vita una direzione unilaterale. [...]


    Dopo queste affermazioni iniziali, Russell passa ad indicare e analizzare le "cause" principali dell'infelicità, offrendo suggerimenti e consigli su come affrontarle e superarle. La prima che egli nomina è la competizione. Scrive:

    La lotta per la vita è una cosa che, naturalmente, esiste. Può esistere per ognuno di noi, se siamo sfortunati. [...] Tutti sanno però che [...] ciò che la gente intende per lotta per la vita, è in realtà la lotta per il successo. Ciò che la gente teme, quando si impegna nella lotta, non è di non poter mangiare il giorno dopo, ma di non riuscire a farsi invidiare dai propri vicini. [...]
    Non nego che le soddisfazioni procurate dal successo rendano più piacevole il gusto della vita. [...] Né voglio negare che il denaro, fino a un certo punto, possa accrescere la felicità. Quello che sostengo è che il successo può essere solamente un ingrediente della felicità, ed è acquistato a troppo caro prezzo se per ottenerlo si sono sacrificati tutti gli altri ingredienti. [...]
    L'importanza assunta dalla competizione nella vita moderna è connessa a un decadimento generale degli ideali civili. [...] Uomini e donne sembrano diventati incapaci di gustare i piaceri più intellettuali. [...]
    Il male non sta semplicemente nell'individuo, né un signolo individuo può impedirlo da sé nel suo caso isolato. Il male nasce da quella specie di filosofia della vita comunemente accettata, secondo la quale la vita è una contesa, una gara nella quale si deve rispetto al vincitore. Questo concetto induce a coltivare indebitamente la volontà, a scapito dei sensi e dell'intelletto.


    Una seconda causa di infelicità è la noia.

    Alla noia, quale uno dei fattori del comportamento umano è stata data, a parer mio, molto meno attenzione di quanta essa ne meriti. [...] Una delle condizioni essenziali della noia consiste nel contrasto tra le circostanze presenti e qualche altra circostanza più gradevole che si impone irresistibilmente all'immaginazione. [...] La noia è essenzialmente un desiderio contrastato di novità, non necessariamente piacevoli, ma che permettano alla vittima dell'ennui di distinguere un giorno dall'altro. Il contrario della noia, in una parola, non è il piacere, ma l'eccitamento.
    Il desiderio di eccitamento è molto profondamente radicato negli esseri umani. [...]
    In misura che si sale nella scala sociale, la ricerca dell'eccitamento diventa sempre più intensa.
    Coloro che se lo possono permettere, si spostano di continuo da un luogo all'altro, portando con sé l'allegria, le danze e i liquori, ma aspettandosi sempre, per qualche ragione, di gustarli di più in un altro luogo. Coloro che devono guadagnarsi la vita subiscono necessariamente la loro parte di noia nelle ore di lavoro, ma coloro che hanno abbastanza denaro per essere affrancati dal bisogno di lavorare, coltivano quale ideale una vita completamente libera dalla noia. [...]


    Eppure, sostiene Russell,

    qualche elemento di noia è un ingrediente necessario nella vita.
    Il desiderio di fuggire alla noia è naturale. [...] Tuttavia, non bisogna considerare la noia esclusivamente come un male. [...] Una vita troppo piena d'eccitamento è una vita estenuante, nella quale occorrono stimoli sempre più forti per arrivare a quell'intensità emotiva che ci si è abituati a considerare parte essenziale del piacere. [...]
    Non desidero spingere agli estremi la critica all'eccitamento. In una certa misura, quasi come per tutte le altre cose, occorre saperne dosare la quantità. Troppo, può produrre desideri morbosi; troppo poco, l'esaurimento. Una certa capacità di sopportare la noia è quindi indispensabile per avere una vita felice, ed è una delle cose che si dovrebbero insegnare ai giovani. Tutti i grandi libri hanno dei capitoli noiosi, e tutte le grandi vite hanno avuto dei periodi non interessanti. [...]
    Per essere felici, la vita deve trascorrere per lo più tranquilla, poiché la vera gioia può vivere soltanto in un'atmosfera di tranquillità.


    Altro elemento negativo, ai fini della felicità, è la fatica. Non tanto quella fisica, che Russell giudica positivamente in quanto, purché non sia eccessiva,

    tende eventualmente ad essere una causa di felicità; favorisce un sonno quieto e profondo e un buon appetito e dà gusto ai piaceri possibili nei giorni di vacanza. [...] La specie di fatica più nociva, al giorno d'oggi, nelle comunità più progredite, è la fatica nervosa, [la quale], abbastanza stranamente, è più pronunciata tra gli abbienti, e tende ad essere molto minore tra chi lavora di braccia che non tra gli uomini d'affari e gli intellettuali.
    Sfuggire alla fatica nervosa nella vita moderna è cosa molto difficile. [...] Volontariamente o involontariamente, per propria scelta o per necessità, gli uomini moderni conducono una vita rovinosa per i nervi. [...]
    Lasciando da parte quei ricchi che sono unicamente degli sciocchi, consideriamo il caso molto più comune di coloro che sono stanchi perché devono sottoporsi a un lavoro indefesso per vivere. In simili casi la stanchezza è dovuta per lo più alla mancanza di serenità, e la mancanza di serenità può essere prevenuta con una migliore filosofia della vita e un po' di disciplina mentale. Gli uomini e le donne sono per la maggior parte difficilmente capaci di smettere di pensare a cose preoccupanti nei momenti in cui nulla si può fare per cercare di risolverle. Gli uomini si portano a letto le loro preoccupazioni, e nelle ore notturne, quando dovrebbero ricuperare nuove energie per affrontare i fastidi del giorno seguente, continuano a rimuginare problemi per i quali al momento non possono farenulla. [...] L'uomo saggio medita sui suoi crucci soltanto quando è di qualche utilità il farlo; in altri momenti pensa ad altre cose o, se è notte, a niente. [...]


    Bisognerebbe, quindi,

    pensare adeguatamente a una cosa al momento giusto, anziché inadeguatamente in qualsiasi momento.
    Quando occorre prendere una decisione grave o difficile, non appena disporrete di tutti i dati concentratevi del vostro meglio sulla questione e decidete; una volta presa la decisione, non tornatevi più sopra, a meno che veniate a conoscenza di qualche fatto nuovo. Nulla stanca quanto l'indecisione, e nulla è altrettanto sterile.
    Moltissime preoccupazioni possono diventare meno assillanti quando ci si renda conto della poca importanza di ciò che ci causa quell'ansietà. [...]


    E qui Russell offre un'esemplificazione, assai convincente sul piano teorico. Ma in pratica? Leggete, e decidete voi...

    Quando qualche disgrazia ci minaccia, consideriamo seriamente e deliberatamente cos'è il peggio che ci possa capitare. Dopo aver guardato in viso la possibile disgrazia, procuriamoci delle solide ragioni per pensare che, dopotutto, non sarebbe poi una cosa tanto grave. Tali ragioni esistono sempre, perché anche nel peggiore dei casi nulla di quello che ci può capitare ha un'importanza cosmica. Quando avremo guardato coraggiosamente in faccia per qualche tempo la possibilità peggiore, e ci saremo detti con genuina convinzione: "Be', dopotutto, non importerà poi molto", vedremo la nostra ansia scemare straordinariamente [...] per essere sostituita da un senso di sollievo.
    Quando ci sentiamo propensi a pessimistiche meditazioni su questo o quel soggetto, la cosa migliore è sempre di pensarci ancor più di quanto non ci si senta disposti a fare, fino a che, alla fine, il fascino morboso ch'esso esercita su di noi verrà dissipato.


    Un'altra potente causa di infelicità è l'invidia, che a giudizio di Russell è

    una delle passioni umane più radicate e universali. [...]
    Di tutte le caratteristiche della normale natura umana l'invidia è la più deprecabile. Non soltanto la persona invidiosa desidera far del male e mette in atto il suo desiderio, se può farlo impunemente, ma l'invidia rende infelice anche lei. Invece di trovare piacere in ciò che ha, soffre per quello che gli altri hanno. [...] Chiunque desideri accrescere la felicità, deve desiderare soprattutto di veder crescere l'ammirazione e diminuire l'invidia.
    Quale cura esiste per l'invidia? Per i santi il rimedio sta nell'altruismo, [...] ma l'unico rimedio contro l'invidia per gli uomini e le donne comuni è la felicità, e il difficile sta nel fatto che l'invidia è in se stessa un terribile ostacolo alla felicità. [...]


    Quindi l'uomo invidioso obietterà:

    "A che serve dirmi che il rimedio contro l'invidia è la felicità? Non posso trovare la felicità fin tanto che provo invidia, e voi mi dite che non posso smettere di essere invidioso fino a quando non avrò trovato la felicità". Ma la vita reale non è mai così logica. Il solo fatto di rendersi conto delle cause che suscitano in noi l'invidia basta a far fare un lungo passo avanti nella cura di tale passione. L'abitudine di porsi sempre dei termini di paragone è fatale. Quando ci capita una cosa piacevole, bisogna gustarla appieno, senza fermarsi a pensare che non è poi così piacevole come qualche altra cosa che può capitare a qualcun altro. [...] L'uomo saggio non smette di aver caro ciò che possiede perché qualcun altro possiede qualche altra cosa. L'invidia, in effetti, è una delle forme di quel vizio, in parte morale, in parte intellettuale, che consiste nel non vedere mai le cose in se stesse, ma soltanto in rapporto ad altre. [...]
    Dopotutto, che cosa è più invidiabile della felicità? E se io riesco a guarire dall'invidia, posso trovare la felicità e diventare invidiabile. [...]
    Ci si può liberare dall'invidia gustando le gioie che si trovano sul proprio cammino, svolgendo il lavoro che si deve svolgere, ed evitando di fare confronti con coloro che reputiamo, forse erroneamente, molto più fortunati di noi. [...]
    Le cose indispensabili alla felicità umana sono semplici, così semplici che le persone complicate non sanno costringersi a riconoscere quali sono le cose delle quali sentono realmente la mancanza.


    Un'altra causa importante (addirittura "patologica" dice Russell) di infelicità è il senso di colpa.

    Che cosa succede veramente quando un uomo sente la coscienza rimorderlo?
    La parola"coscienza" abbraccia in realtà vari sentimenti diversi, il più semplice dei quali è il timore d'essere scoperto. [...]
    Strettamente connessa a questo sentimento è la paura di essere bandito dal gregge, [...] la disapprovazione della comunità. [...]
    Ma il senso di colpa nelle sue forme più importanti è qualche cosa che va ancora più in fondo. È qualche cosa che ha le radici nell'io incosciente e non si presenta all'io cosciente come il timore della disapprovazione altrui. Nell'io cosciente certe azioni sono catalogate come "peccato" per motivi non visibili all'introspezione. Quando un uomo commette certe azioni, si sente a disagio quasi senza saperne il perché. [...]
    L'origine di tutto ciò, praticamente in ogni caso, è l'insegnamento morale impartito all'uomo prima dell'età di sei anni da parte della madre o della bambinaia. Egli ha appreso prima di quell'età che bestemmiare è male, e che non sta bene usare un linguaggio che non sia castigato; che soltanto gli uomini spregevoli bevono, e che il tabacco è incompatibile con le più alte virtù. Impara che non si devono mai dire bugie. E soprattutto impara che qualsiasi interesse per le parti sessuali è un abominio. [...]
    Ora, questa forma di educazione morale dell'infanzia è in molte sue parti priva di ogni fondamento razionale. [...] In un'etica razionale sarebbe considerato lodevole l'arrecare piacere a qualcuno, persino a se stessi, purché ciò non sia controbilanciato da un male che si fa a se stessi o ad altri. [...]
    Nel senso della colpa vi è qualche cosa di abietto, qualche cosa che priva del rispetto di se stessi. E la perdita del rispetto di se stessi non ha valso mai nulla di buono a nessuno. [...]
    Nulla è più nocivo non soltanto alla felicità, ma alla efficienza di una persona, di un dissidio interiore. [...] Un uomo deve farsi un'idea precisa e categorica di ciò che crede col raziocinio e non dovrebbe mai permettere a convinzioni irrazionali di passare incontrastate o di imporsi alla sua ragione, anche se per breve tempo. Si tratta di ragionare con se stessi in quei momenti in cui si è tentati di diventare infantili.


    Un'altra causa di infelicità è la mania di persecuzione.

    A chiunque di noi è familiare quel tipo di persona, uomo o donna, il quale, a prestar fede alle sue parole, è continuamente vittima dell'ingratitudine, della scortesia, della malafede. Spesso tali persone sono strarodinariamente convincenti e si conquistano le simpatie di coloro che li conoscono da poco tempo. [...] Ma ciò che finisce col far nascere dei sospetti in chi li ascolta è lo straordinario numero di mascalzoni che la vittima ha avuto la disgrazia di incontrare. [...] Se un individuo è, secondo le sue affermazioni, maltrattato da tutti, è probabile che la causa di ciò sia da ricercarsi in lui stesso, e che egli immagini delle offese che nessuno gli ha arrecato. [...] Perciò la gente esperta della vita si insospettisce di coloro che, a dar loro retta, sono invariabilmente maltrattati da tutti. E, non potendo dimostrar loro simpatia, contribuisce a rafforzare in quegli sfortunati l'idea che tutti siano contro di loro. [...]
    La mania di persecuzione ha sempre radice in un concetto troppo esagerato dei propri meriti. [...]
    Quattro massime di carattere generale si dimostreranno una cura efficace contro la mania di persecuzione, se si capisce quanto siano vere. La prima è: ricordate che i motivi che determinano le vostre azioni non sono sempre così altruistici come vi appaiono. La seconda è: non sopravvalutate i vostri meriti. La terza è: non aspettatevi che gli altri si interessino di voi quanto voi stesso. E la quarta è: non immaginatevi che la gente si interessi tanto a voi da nutrire un particolare desiderio di perseguitarvi.


    La prima parte si chiude con l'analisi della paura dell'opinione pubblica e degli effetti negativi da essa prodotti ai fini della felicità. In tale contesto Russell afferma che

    poche persone possono essere felici se, nel complesso, il loro modo di vivere e il loro concetto del mondo non sono approvati da coloro con i quali esse hanno rapporti sociali, e più particolarmente da coloro con i quali vivono. [...]
    Un ambiente simpatico e congeniale è necessario a quasi tutti per essere felici. Nella grande maggioranza dei casi, naturalmente, le persone vivono in ambienti affini a loro. In gioventù assorbono i pregiudizi correnti, ed istintivamente si adattano alle idee e alle abitudini che trovano attorno a sé vivendo. Ma per una grande minoranza, che comprende praticamente tutti coloro che hanno meriti artistici o intellettuali, questo atteggiamento di acquiescienza è impossibile. [...] Per la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze di qualità eccezionali l'adolescenza è un periodo di grande infelicità. Per i loro mediocri compagni può essere un periodo di spensieratezza e di gioia, ma essi desiderano qualche cosa di più serio, che non possono trovare né tra gli adulti né tra i loro coetanei, nel particolare ambiente sociale in cui il caso li ha fatti nascere. [...]
    In moltissimi casi un'eccessiva timidezza rende il male più grave di quanto sarebbe necessario. L'opinione pubblica è sempre più tirannica verso coloro che palesemente la temono, che verso coloro che non se ne curano. [...]
    [Tuttavia] essere in disaccordo con il proprio ambiente non è sempre una disgrazia da evitarsi a tutti i costi. Là dove l'ambiente è stupido, o prevenuto o crudele, è un segno di merito essere in contrasto con esso. [...]
    Non vi è, naturalmente, alcun senso nel beffarsi deliberatamente dell'opinione pubblica; ciò significa soltanto che se ne è ancora dominati, sebbene si cerchi di ribellarvisi. Ma l'esservi sinceramente indifferenti è tanto una forza che una fonte di felicità. E una società composta di uomini e di donne che non si inchinano troppo alle convenzioni è una società molto più interessante di quella in cui tutti si comportano allo stesso modo. Là dove il carattere di ognuno si sviluppa individualmente, le diversità di tipo sono salve, e vale la pena di conoscere gente nuova, perché essa non è soltanto una copia di quella che già si conosce. [...]
    La paura dell'opinione pubblica, come ogni altra forma di paura, è opprimente e ostacola lo sviluppo. È difficile giungere ad una qualsiasi forma di grandezza fintanto che una tale paura è forte, ed è impossibile conquistare quella libertà dello spirito nella quale consiste la vera felicità, poiché è essenziale per la felicità che il nostro modo di vivere sia determinato dai nostri impulsi profondi e non dai gusti e dai desideri accidentali di coloro che il caso ha voluto fossero nostri vicini, o persino nostri parenti.