• Il grande filosofo illuminista affronta in questo libro - che è una rara testimonianza di profonda umiltà e di lucida intelligenza - i temi fondamentali della metafisica, insinuando dubbi sulla loro consistenza, in considerazione della inadeguatezza della ragione umana a comprendere i più profondi misteri dell'universo. Eppure lo scetticismo che caratterizza queste pagine è tutt'altro che disarmante, poiché dalla definizione dei limiti della ragione umana emergono le sue stesse potenzialità.

    1. Primo dubbio
    Chi sei? Da dove vieni? Che fai? Che diverrai? Sono domande che si devono porre a tutte le creature dell'universo, a cui però nessuna risponde.

    2. La nostra debolezza
    Per ciò che concerne i princìpi primi, siamo tutti nella stessa ignoranza in cui eravamo nella culla.

    3. Come posso pensare?
    Ho interrogato la mia ragione; le ho domandato che cosa essa sia: questa domanda l'ha sempre confusa.

    4. Mi è necessario sapere?
    Ho pensato che la natura ha dato ad ogni creatura la parte [di certezze] che le conviene; e ho creduto che le cose alle quali non possiamo arrivare non ci spettano. Ma, malgrado questa disillusione, non smetto di desiderare di essere istruito e la mia curiosità ingannata è sempre insaziabile.

    7. L'esperienza
    Si tratta solo di esaminare ciò che possiamo sapere da soli e questo si riduce a ben poca cosa. Bisogna aver rinunciato al buon senso per non convenire che non conosciamo nulla se non attraverso l'esperienza.

    8. La sostanza
    Non potendo avere alcuna nozione se non per esperienza, è impossibile poter mai sapere che cosa sia la materia. Noi tocchiamo, vediamo le proprietà di questa sostanza; ma questo stesso termine sostanza, ciò che è al di sotto, ci avverte sufficientemente che questo "al di sotto" ci resterà sempre sconosciuto: per quanto possiamo scoprire delle sue apparenze, resterà sempre questo "al di sotto" da scoprire. Per la stessa ragione non sapremo mai che cosa sia lo spirito. [...] Sappiamo bene di avere una certa intelligenza, ma come l'abbiamo? È il segreto della natura, essa non l'ha detto ad alcun mortale.

    9. Limiti stretti
    La nostra intelligenza è molto limitata, così come la forza del nostro corpo.

    14. È tutto eterno?
    Assoggettato a leggi eterne come tutti i globi che riempiono lo spazio, come gli elementi, gli animali, le piante, io lancio sguardi sorpresi su tutto ciò che mi circonda, cerco qual è il mio autore e quello dell'immensa macchina di cui io non sono altro che un impercettibile ingranaggio.
    Non sono venuto dal niente: infatti la sostanza di mio padre e di mia madre che mi ha portato in grembo per nove mesi è qualcosa. Mi è evidente che il seme che mi ha generato non può essere stato prodotto dal niente; come potrebbe infatti il nulla produrre l'esistenza? Mi sento soggiogato da quella massima comune a tutta l'antichità: niente viene dal nulla, niente può tornare al nulla. Questo assioma porta in sé una forza così grande da incatenare il mio intelletto senza che possa lottare contro di lui. [...] La mia ragione, ingannata forse da quest'idea così antica e così condivisa, mi dice: è necessario che la materia sia eterna, dal momento che essa esiste; se essa era ieri, è sempre stata.

    15. Intelligenza
    Guardando l'ordine, il prodigioso artificio, le leggi meccaniche e geometriche che regnano nell'universo, i mezzi, i fini innumerevoli di tutte le cose, vengo colto da ammirazione e rispetto. Osservo immediatamente che se le opere degli uomini, anche le mie, mi forzano a riconoscere in noi un'intelligenza, devo riconoscerne una che agisce in modo ben superiore nella moltitudine di così tante opere. Ammetto questa intelligenza suprema, senza temere che mi si possa mai far cambiare opinione. Niente fa oscillare in me questo assioma: ogni opera indica un artefice.

    16. Eternità
    Questa intelligenza è eterna? Senza dubbio; poiché che abbia ammesso o rifiutato l'eternità della materia, non posso rifiutare l'esistenza eterna del suo supremo artefice; è evidente che se esiste oggi, è sempre esistito.

    21. Ancora la mia dipendenza
    Questo Essere eterno, questa causa universale mi dà le idee; poiché non sono gli oggetti che me le danno. Una materia bruta non può far arrivare dei pensieri nella mia testa; i miei pensieri non vengono da me, dato che essi arrivano malgrado me, e spesso se ne vanno allo stesso modo. Sappiamo abbastanza bene che non vi è alcuna somiglianza, alcun rapporto fra gli oggetti, le nostre idee e le nostre sensazioni.

    23. Un solo supremo artefice
    Vedendo il male fisico e il male morale diffusi sul nostro pianeta, una gran parte di uomini immaginò due esseri potenti, di cui l'uno producesse tutto il bene e l'altro tutto il male. [...] Questa non è che una favola orientale. In tutta la natura vi è un'unità di finalità manifesta; le leggi del movimento e della gravità sono invariabii; è impossibile che due artefici supremi, interamente contrari l'uno all'altro, abbiano seguito le medesime leggi. Ciò basta, a mio avviso, a confutare il sistema manicheo e non si ha bisogno di grossi volumi per combatterlo.
    Vi è quindi una potenza unica, eterna, a cui tutto è legato, da cui tutto dipende, la cui natura però mi è incomprensibile. [...]
    Poiché non conosco che cosa sono, non posso conoscere chi è il mio autore. La mia ignoranza mi indebolisce ad ogni istante, e mi consolo pensando senza posa che non importa che io sappia se il mio signore è o non è nell'estensione, purché io non faccia nulla contro la coscienza che mi ha donato.

    24. Spinoza
    Dopo essermi immerso con Talete nell'acqua di cui egli faceva il proprio principio primo, dopo essermi scottato vicino al fuoco di Empedocle, dopo avere corso nel vuoto in linea retta con gli atomi di Epicuro, calcolato con i numeri con Pitagora e aver sentito la sua musica; dopo aver reso omaggio agli Androgini di Platone, ed essendo passato per tutte le regioni della metafisica e della follia; ho voluto infine conoscere il sistema di Spinoza. [...]
    Egli stabilisce innanzitutto una verità incontestabile ed evidente. Vi è qualche cosa, quindi esiste eternamente un essere necessario. [...]
    Questo Essere deve trovarsi ovunque vi sia esistenza; chi infatti potrebbe limitarlo?
    Questo Essere necessario è allora tutto ciò che esiste; quindi in realtà nell'universo non vi è che una sola sostanza.
    Questa sostanza non ne può creare un'altra; infatti, dal momento che essa riempie tutto, dove mettere una nuova sostanza, e come creare qualche cosa dal nulla? Come creare l'estensione senza metterla nell'estensione stessa, la quale esiste necessariamente?
    Nel mondo vi è pensiero e materia; la sostanza necessaria che noi chiamiamo Dio è quindi pensiero e materia. Ogni pensiero e ogni materia è dunque compreso nell'immensità di Dio: non può esserci niente fuori di lui,tutto deve agire in lui; egli comprende tutto, è tutto.
    Così quelle che noi chiamiamo sostanze differenti in realtà non sono altro che l'universalità dei differenti attributi dell'Essere supremo, che pensa nel cervello degli uomini, illumina nella luce, si muove nei venti, erompe nel tuono, percorre lo spazio in tutti gli astri, e vive in tutta la natura. [...]
    Spinoza dichiara infine che bisogna amare questo Dio necessario, infinito, eterno. [...]
    Queste idee sedussero molti lettori. [...]
    Il sapiente Bayle [...] vide che in realtà Spinoza compone il suo Dio di parti. Bayle vide quanto è insensato rendere Dio astro e zucca, pensiero e letame, vincitore e vinto. [...] Forse Bayle avrebbe dovuto atteneresi alla parola modalità e non parti, dato che è la parola "modalità" che Spinoza usa sempre. Ma è in egual misura impertinente, se non mi sbaglio, [sostenere] che l'escremento di un animale sia una modalità o una parte dell'Essere supremo.

    26. Del migliore dei mondi
    Correndo da tutte le parti per istruirmi, incontrai alcuni discepoli di Platone. "Venite con noi - mi disse uno di loro - siete nel migliore dei mondi". [...]
    Poiché però mi sentivo tormentato dai calcoli e soffrivo di dolori insopportabili, i cittadini del migliore dei mondi mi condussero al vicino ospedale. Cammin facendo, due di questi felici abitanti furono portati via da alcuni loro simili: vennero messi in catene, l'uno per qualche debito, l'altro per un semplice sospetto. Non so se venni condotto nel migliore degli ospedali possibili; ma sta di fatto che venni ammassato con due o tremila miserabili che soffrivano come me. [...]
    Quando mi ebbero affondato un ferro ben affilato nella vescica ed ebbero estratto qualche calcolo per questa via; quando fui guarito e non mi restò altro che qualche dolorosa scomodità per il resto dei miei giorni, feci le mie rimostranze alle mie guide; presi la libertà di dir loro che vi era del buono in questo mondo, dato che mi avevano estratto quattro sassi dalle mie viscere straziate; ma che mi sarebbe piaciuto ancor più che la mia vescica non servisse da passaggio. Parlai loro delleinnumerevoli calamità e crimini che ricoprono questo eccellente mondo. Il più intrepido di loro, che era un Tedesco [Leibniz], mi disse che tutto ciò non era che un'inezia.

    29. Di Locke
    Dopo tanti insuccessi, stanco, spossato, vergognoso per aver cercato tante verità e aver trovato tante chimere, sono tornato a Locke, come il figliol prodigo che torna da suo padre; mi sono ributtato fra le braccia di un uomo modesto, che non figne mai di sapere ciò che non sa. [...] Egli mi conferma nell'opinione che ho sempre avuto, che nulla entra nel nostro intelletto se non attraverso i sensi.
    Che non abbiamo alcuna nozione innata.
    Che non possiamo aver l'idea né di uno spazio infinito né di un numero infinito.
    Che non penso sempre e che di conseguenza il pensiero non è l'essenza, ma l'azione del mio intelletto. [...]
    Che non posso avere un'idea positiva dell'infinito, poiché io sono finito.
    Che non posso conoscere alcuna sostanza, perché posso avere idee solo delle loro qualità e milla qualità di una cosa non possono farmi conoscere l'intima natura di questa cosa, che può avere altre centomila qualità ignote. [...]
    Che infine, conformemente alla più profonda ignoranza di cui mi sono convinto sui princìpi delle cose, è impossibile che possa conoscere quali siano le sostanze alle quali Dio si degna di concedere il dono di sentire e di pensare. [...]
    Materia e spirito non sono che parole; non abbiamo alcuna nozione completa di queste due entità.
    Il pensiero è qualcosa di divino? Probabilmente sì; ed è per questo che non saprò mai che cos'è l'essere pensante. Il principio del movimento è divino; ed io non saprò mai la causa di questo movimento di cui tutte le mie membra eseguono le leggi.

    31. Vi è una morale?
    Più ho visto uomini diversi per clima, costumi, linguaggio, leggi, culto e per il grado della loro intelligenza, e più ho notato che possiedono tutti la stessa base morale. Hanno tutti una grossolana nozione del giusto e dell'ingiusto, senza sapere una parola di teologia. Tutti hanno acquisito questa stessa nozione nell'età in cui la ragione si sviluppa. [...] Quindi tutti traggono le stesse conseguenze dallo stesso principio della loro ragione sviluppata.

    32. Unità reale. Nozione di giustizia
    Io credo quindi che le idee di giusto e di ingiusto sono tanto chiare, tanto universali quanto le idee di salute e malattia, di verità e falsità, di convenienza e sconvenienza. [...] Confondiamo le sfumature, ma i colori netti colpiscono gli occhi di tutti. Per esempio, tutti gli uomini riconoscono che si deve rendere ciò che ci è stato prestato: ma se so con certezza che colui al quale devo due milioni, se ne servità per sottomettere la mia patria, devo rendergli quest'arma funesta? Ecco dove si dividono i sentimenti: ma in generale devo osservare il mio giuramento quando non ne deriva alcun male: è questo ciò di cui nessuno ha mai dubitato.

    36. Natura ovunque la stessa
    Come abbiamo allora acquisito l'idea della giustizia? Proprio come abbiamo acquisito quella della prudenza, della verità, della convenienza: con la sensibilità e la ragione. [...]
    Qual è l'età in cui conosciamo il giusto e l'ingiusto? L'età in cui sappiamo che due più due fa quattro.

    38. Morale universale
    La morale mi appare talmente universale, talmente calcolata dall'Essere universale che ci ha formati, talmente destinata a servire da contrappeso alle nostre funeste passioni e ad alleviare le inevitabili pene di questa breve vita, che [...] vedo tutti i filosofi insegnare la stessa morale, nonostante abbiano tutti delle idee diverse sui princìpi delle cose. [...]

    39. Di Zoroastro
    Non prendo affatto in esame in che tempo visse Zoroastro, a cui i Persiani attribuirono novemila anni di antichità, come Platone agli antichi Ateniesi. Mi limito ad osservare che i suoi precetti di morale si sono conservati fino ai nostri giorni. [...] Quello di amare, di soccorrere il padre e la madre, di fare l'elemosina ai poveri, di non venire mai meno alla parola data, di astenersi se si è nel dubbio se l'azione che si sta per compiere sia giusta oppure no. Mi fermo a questo precetto perché nessun legislatore è mai stato capace di andarne al di là.

    41. Di Confucio
    Spesso si colloca il grande K'ung-fu-tse, che noi chiamiamo Confucio, fra gli antichi legislatori, fra i fondatori di religioni; è una grande inavvertenza. Confucio è molto moderno; è vissuto solo seicentocinquanta anni prima della nostra era. Non istituì mai alcun culto, alcun rito; non si disse mai né ispirato né profeta; egli non fece che accorpare le antiche leggi della morale.
    Egli invita gli uomini a perdonare le ingiurie e a ricordare solo i benefici.
    A vigilare senza posa su se stessi, a correggere oggi gli errori di ieri.
    A reprimere le proprie passioni e a coltivare l'amicizia; a donare senza fasto, e a non ricevere che l'estremo necessario, senza bassezza.
    Non dice affatto che non bisogna fare agli altri ciò che non si vuole venga fatto a noi stessi; questo non significa altro che vietare il male: egli fa di più, raccomanda il bene: Tratta gli altri come vuoi che gli altri trattino te.

    42. Dei filosofi greci
    Tutti i filosofi greci hanno detto delle sciocchezze in fisica e in metafisica. Tutti sono eccellenti nella morale; tutti eguagliano Zoroastro e Confucio.

    51. Ignoranza
    Se voi mi dite che non vi ho insegnato nulla, ricordatevi che mi sono annunciato come un ignorante.