• Quantunque la mentalità positivista sia tutt'altro che scomparsa, la filosofia contemporanea ha reagito ad essa per vari motivi. Soprattutto essa ha posto in dubbio l'oggettività della scienza, disconoscendole il merito (affermato dai positivisti) di essere l'unica forma valida di conoscenza, ed anzi ponendo come fondamento della conoscenza stessa non più la ragione (ritenuta incapace di cogliere l'essenza del reale) bensì un'altra facoltà: per esempio l'intuizione o la volontà.




    L'attacco più deciso, non solo al positivismo, ma all'intera tradizione filosofica, fu portato da Friedrich Nietzsche (1844-1900), la cui opera ha determinato una svolta radicale nel pensiero contemporaneo.
    A partire da lui, infatti, la filosofia non solo è entrata in dubbio sui criteri di verità (e dunque sulla validità del proprio sapere), ma riconosce e dichiara che non vi sono più criteri validi. In nessun'altra epoca, come quella che si apre dopo Nietzsche, si trova un accordo generale, proprio tra i grandi filosofi, nel manifestare con tanta chiarezza l'insufficienza della filosofia.
    Come ha scritto Gianni Vattimo: "ecco lo scenario che si apre dopo Nietzsche e che funziona da sottofondo a tutto il pensiero del Novecento. E si usa indicare questo scenario col termine nichilismo, che è appunto di matrice nietzscheana, e a cui si collegano tutte le altre formule che caratterizzano la filosofia di Nietzsche: volontà di potenza, eterno ritorno, superuomo.

    Il nichilismo
    Il concetto di nichilismo cominciò a formarsi nella mente di Nietzsche nel 1882, quando egli segnalò con la "morte di Dio" la fine di ogni trascendenza e, con essa, il dissolversi dei valori tradizionali. Lo stesso motivo venne poi sviluppato nel libro più celebre di Nietzsche, Così parlò Zarathustra (1883-1885), e trovò un compendio illuminante in un brevissimo testo del Crepuscolo degli idoli (1888), intitolato "Come il mondo vero finì per diventare favola". Ma la sua più chiara formulazione si trova in un frammento che risale al 1888:

    Nichilismo: manca il fine; manca la risposta al perché?; che cosa significa nichilismo? - che i valori supremi si svalutano.

    Il nichilismo è dunque la mancanza di senso che subentra quando viene meno la forza vincolante e consolante delle risposte tradizionali al "perché?" della vita e dell'essere in generale, determinando quella condizione di insensatezza e di assurdità che investe l'uomo contemporaneo e che è attestata anche in letteratura, ad esempio da grandi scrittori come Kafka e Pirandello.

    La critica alla tradizione
    Ma come si è giunti a questa condizione?
    Per comprendere la risposta di Nietzsche a questa domanda occorre richiamare l'asserto platonico secondo cui gli uomini sono spinti a filosofare dalla "meraviglia" che essi provano quando, di fronte agli accadimenti del mondo, ne ignorano le cause.
    A questo proposito risulta assai interessante (anche se non altrettanto convincente) l'interpretazione di Emanuele Severino, il quale ha sottolineato che la parola greca thàuma, che traduciamo con "meraviglia", ha in realtà un significato molto più intenso: essa indica anche lo stupore attonito di fronte a ciò che è strano, imprevedibile, mostruoso. Se infatti non si conoscono le cause di ciò che accade, allora l'accadimento delle cose è inquietante e diventa fonte di terrore e di angoscia. Dunque, affermando che la filosofia nasce dalla meraviglia, Platone, secondo Severino, intende dire (anche se evita di sottolinearlo) che la filosofia nasce dal terrore provocato dalla imprevedibilità del divenire. Proprio per sottrarsi a questo terrore, secondo Nietzsche, Platone ha instaurato il dualismo tra mondo delle idee e mondo sensibile, assegnando verità al primo e annullando così il senso profondo del divenire. Egli, insomma, ha sdoppiato la realtà: da un lato ha posto il mondo ideale delle pure essenze, eterne, indistruttibili, vere; dall'altro il mondo degli enti materiali, caduchi, inessenziali, non-veri. E a partire da Platone, la filosofia ha cercato altri idoli in grado di riscattare l'inessenzialità del mondo.
    Ma Nietzsche afferma che il rimedio è stato peggiore del male. Infatti tutte le varie realtà immutabili evocate dalla metafisica (Essere, Origine, Causa, Idea, Sostanza...), culminanti nel concetto di Dio, rappresentano sì il rimedio contro il terrore provocato dalla imprevedibilità del divenire, ma un po' alla volta presentano anch'esse un volto terrificante: perché distruggono la vita, rendendo impensabile quell'evidenza originaria che consiste nel continuo divenire di tutte le cose.

    Il nichilismo e l'eterno ritorno
    La civiltà occidentale (socratico-platonico-cristiana) è dunque per Nietzsche affetta da quel nichilismo che lo stesso filosofo apostrofava come "il più inquietante degli ospiti". Un ospite scomodo, sinistro, di cui non è facile liberarsi proprio perché la sua espulsione non può avvenire con un ritorno ai falsi valori del passato, che hanno solo dissolto il vero senso della vita.
    Affinché il nichilismo possa essere superato, occorre che esso giunga a compimento; e perché ciò avvenga è necessario pensare questo pensiero nella sua forma più terribile: l'esistenza, così com'è, senza senso e senza scopo, ma inevitabilmente ritornante, senza un finale, nel nulla: l'eterno ritorno. Questa è la forma estrema del nichilismo: il nulla (la mancanza di senso) eterno.
    Il compimento del nichilismo richiede dunque il pensiero dell'eterno ritorno. Ciò significa che non dobbiamo pensare soltanto che la vita non si prefigge nulla e che nulla insegue nella sua corsa se non (ciecamente) se stessa: ma dobbiamo pensare anche che tutto questo ritorna eternamente. La conclusione di Nietzsche è coerente:

    Il carattere complessivo del mondo è caos per tutta l'eternità.

    Il superuomo e la volontà di potenza
    Ma chi può mai essere in grado di sopportare questo terribile pensiero, che sembra rendere insostenibile l'esistenza?
    Intanto, è superfluo ripetere che la liberazione dal nichilismo non consiste, per Nietzsche, in un ritorno impossibile ai falsi valori del passato. La soluzione sta invece nell'amor fati, cioè nella capacità (e volontà) di accettare totalmente la vita, che non concede il bene senza il male, la salute senza la malattia, l'ascesa senza la decadenza, la verità senza la finzione, in un eterno ritorno della medesima vicenda di nascita-morte, creazione-distruzione. E tale accettazione sarà propria ed esclusiva del superuomo (o oltreuomo: Übermensch).
    Questa figura non va intesa nel senso di un essere prodigioso che abbia potenziato a dismisura le facoltà dell'uomo normale, ma come colui che, esprimendo la massima concentrazione di volontà di potenza, accetta appunto l'eterno ritorno delle cose pronunciando un "sì" incondizionato alla vita, in tutti i suoi aspetti, "al di là del bene e del male", perché l'unico mondo reale, per quanto minaccioso e terrificante, è il mondo dell'esperienza. Il superuomo è dunque colui che ama incondizionatamente il proprio destino (amor fati), accettandone "gioiosamente" anche le conseguenze che alla gioia uniscono il dolore e la morte.
    Anche i bambini sanno che il profeta dell'avvento del superuomo è lo Zarathustra dell'opera omonima di Nietzsche, mentre Nietzsche stesso non fu in grado di interpretare un tale ruolo... Ed impazzì.

    Conclusione su Nietzsche
    Anche se il carattere frammentario dell'opera di Nietzsche rende difficile un'esposizione lineare del suo pensiero, è facile rilevare che l'analisi del nichilismo, l'ipotesi dell'eterno ritorno, la figura del superuomo e la dottrina della volontà di potenza sono connesse in una sequenza teorica coerente.
    Il concetto di nichilismo resta comunque l'eredità più rilevante trasmessa da Nietzsche non solo alla filosofia del Novecento, ma anche alla letteratura (ne risentono, per limitarci a due nomi soltanto, autori fondamentali come Thomas Mann e Robert Musil).