• [omissis]

    Si tratta qui di una serie di "quadri" di vita dei quartieri genovesi del centro storico, attraverso i quali, ancora una volta, De André rappresenta il mondo degli emarginati, a lui così cari ed invece così spesso dimenticati, persino dal "buon Dio".
    Prostitute e pensionati sono descritti con evidente simpatia, perché raffigurano la schiettezza e la semplicità contro la calcolata ipocrisia del "vecchio professore" dall'ambiguo comportamento. Le ultime due strofe delineano con maggiori particolari la zona dell'angiporto e i personaggi che vi conducono la propria sordida esistenza:

    Se t'inoltrerai lungo le calate
    dei vecchi moli,
    in quell'aria spessa, carica di sale
    gonfia di odori,
    lì ci troverai i ladri, gli assassini
    e il tipo strano,
    quello che ha venduto per tremila lire
    sua madre a un nano.

    Ed è proprio qui che De André chiede di non giudicare con il metro della legalità e della mentalità borghesi, bensì di provare per quei poveri esseri un forte senso di pietà, poiché essi non sono null'altro che "vittime" della società e della storia.
    Insomma, La città vecchia esemplifica con immagini indelebili l'etica scettica di De André: ladri e assassini, approfittatori senza scrupoli, prostitute e vecchi ubriaconi, non sono certo – parlando metaforicamente – dei "gigli", ma, almeno per De André, sempre e soltanto "vittime di questo mondo". La locuzione "questo mondo", per motivi metrico-ritmici, è probabilmente usata in luogo di "questa società"; tuttavia, se fosse da intendere in senso proprio, il giudizio di De André assumerebbe una valenza meno ideologica e più strettamente esistenziale, rendendo ancor più intenso e drammatico, quasi fatalistico, il suo punto di vista.

    [omissis]