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    Bocca di rosa è la storia di una prostituta che, con la sua sola presenza, è capace di scatenare passioni, allegria, invidia, gelosia. Tutta la canzone è attraversata da una sottile vena di ironia che mette alla berlina le "comari" di Sant'Ilario (quartiere sulle alture di Nervi, dov'è ambientata la vicenda) e pone in rilievo la gioiosa, vitale baldanza della donna. A quest'ultima vanno le simpatie di De André, che ce la presenta con un tono malizioso ma anche benevolo, come una ventata di primavera in un ambiente noioso e triste. A lei va inoltre l'ossequio degli uomini del paese che, quando si recano a salutarla alla stazione, tengono "il cappello in mano". Il finale fu ritenuto scandaloso dai soliti benpensanti, poiché avvicina la donna (amore profano) alla Vergine (amore sacro).

    "Bocca di rosa" è esistita davvero: si chiamava Maritza. Era un'istriana bionda, piombata a Genova per togliersi la "voglia" di Fabrizio. La storia è raccontata nel romanzo Un destino ridicolo, scritto a quattro mani con Alessandro Gennari e pubblicato nel 1996.
    Fabrizio sentì bussare alla porta. Aprì: "Finalmente riesco a incontrarti", disse la bionda che aveva trovato l'indirizzo su un settimanale di musica. Il resto, come si dice in Gallura, "tocca ponillo in canzone" (bisogna metterlo in musica), per quegli eventi eccezionali che è bene fissare in qualche modo per non perderne il ricordo.

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