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    Questo mio studio ha dei confini precisi e rigorosi: si occupa appunto, ed esclusivamente, del "primo" De André, quello cioè dei primi 45 giri, ovvero del cosiddetto periodo Karim, che va dal 1961 al 1966. Si tratta di una demarcazione stabilita sulla scorta di due considerazioni molto semplici e oneste. La prima è la difficoltà di padroneggiare senza cedimenti l'opera omnia di De André, in particolare per certe asperità semantiche (quasi da trobar clus, per così dire) che si registrano a partire dalla collaborazione con De Gregori e che proseguono col pur prezioso contributo offerto di volta in volta da Bubola, Pagani, Fossati. La seconda è che tale opera, nonostante la sua ricchezza e complessità, è comunque riconducibile ad alcuni temi fondamentali, ripresi e impreziositi nell'analisi e nei particolari lungo l'ampio arco di una carriera condotta sempre ad altissimi livelli.
    Non credo si tratti di un’interpretazione riduttiva, ma bensì di un dato di fatto inoppugnabile, confortato dallo stesso cantautore il quale, a proposito della più volte citata La città vecchia, e nello stesso contesto, dichiarava:

    "è una canzone del 1962, dove precisavo già il mio pensiero. Avevo 22 anni, adesso ne ho... E il mio pensiero non è cambiato, perché un artista, a qualsiasi arte si dedichi, ha poche idee, ma fisse."


    Allora cominciamo col dire che le "poche idee, ma fisse" di De André sono state l'amore, la morte, il potere, e l'attenzione e la simpatia per i vinti e gli emarginati. Tali temi, fin dall'inizio, si presentano, isolati o variamente intrecciati, in tutte le canzoni del periodo Karim. Con ciò, ovvero con l'originaria compresenza dei temi deandreani fin dai primordi, non voglio certo negare che alcune canzoni posteriori risultino superiori a molte delle prime, sul piano estetico, o più efficaci a livello comunicativo. Ma resta pur sempre il fatto che brani come La canzone dell'amore perduto, La guerra di Piero e La città vecchia vanno annoverati senza alcun dubbio tra i capolavori assoluti di De André.
    Se dopo l'individuazione dei temi passiamo alla considerazione dei personaggi che popolano il mondo poetico del "primo" De André, possiamo constatare come lo sguardo dell'autore muti in rapporto alla loro tipologia. Verso gli umili e i vinti, esso è affettuoso e disincantato insieme, comprensivo e bonario anche di fronte ad azioni opinabili o persino deplorevoli nell'ottica della morale corrente. Verso i potenti e gli oppressori, invece, assume una luce ironica e irridente, in funzione catartica rispetto all'indignazione e alla rabbia che quelli, con il loro comportamento, gli procurano. Occorre d'altra parte precisare che a quest'altezza il primo atteggiamento prevale nettamente, a livello statistico, sul secondo, poiché più numerosi sono i personaggi che lo determinano, ma ciò non toglie che essi coesistano e che entrambi troveranno conferma e adeguato sviluppo nella carriera artistica di De André.
    Quanto agli stessi personaggi, pochi e raramente delineati sono i tratti fisici, esteriori, mentre risultano maggiormente evidenziati i tratti interiori, psicologici.

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