• Nel titolo stesso di Nuvole barocche vi è come la spia, ovviamente involontaria, dello stile ridondante e artificioso della canzone: senz'altro meno ingenua sul piano formale rispetto al brano del lato B (E fu la notte), ma altrettanto mediocre a livello estetico. Tanto che Cesare G. Romana, caro amico di Fabrizio, l'ha ironicamente definita "un fritto misto di Modugno, Bindi, cori femminili, archi e un sax ululante".
    In effetti, si tratta di un testo piuttosto melenso, che descrive goffamente – con esiti deludenti rispetto agli intenti palesemente elevati – l'incertezza, l'indecisione, l'oscillazione tra una volontà di totale abbandono all'esperienza amorosa e l'ansia di fuga alla ricerca di nuovi e al tempo stesso vaghi ed imprecisati orizzonti esistenziali, nella consapevolezza (o percezione) che l'amore trasfigura in sogno la vita.
    L'incipit:

    Poi un’altra giornata di luce,
    poi un altro di questi tramonti

    trasferisce immediatamente, e mantiene, nel cuore della storia, senza narrarne la genesi e senza prefigurare eventuali sviluppi.

    [omissis]

    Se proprio s'intende riscattare qualcosa, occorre andare oltre il testo stesso, spingendosi arbitrariamente nell'inespressa intuizione che l'amore, pur arricchendola di felicità e di senso, condiziona e delimita la vita, precludendole altre ed ignote opportunità. Un po' come dire – parafrasando Rimbaud - che esso rende assente la vera vita. Ma mi rendo conto che questa intromissione è perlomeno opinabile, soprattutto agli occhi di due innamorati...