• [omissis]

    Empirista è chi vuole derivare
    la conoscenza del mondo da ciò
    che lo circonda: è un modo di pensare
    che parte da Aristotele, e John Locke
    lo riprese negando l'innatismo
    ammesso invece dal razionalismo.


    Secondo lui, nessuna idea è innata
    e, perché sorga, sempre c'è bisogno
    dell'esperienza. È pertanto insensata
    (o mera e vacua immagine di sogno)
    l'idea che non derivi in prima istanza
    dai sensi: come eternità o sostanza.

    A tal riguardo Locke fa rilevare
    che un bambino, un selvaggio o un deficiente
    non han coscienza di saper usare
    idee che siano impresse nella mente
    fin dalla nascita; e per ciò sostiene
    ch'è stupido ed ingenuo chi ritiene

    che un individuo possa avere in mente
    qualsiasi idea senza saperlo, in quanto
    l'idea esiste solo se è presente
    alla coscienza, insomma solo in quanto
    percepita. L'idea di idea innata
    viene dunque da Locke eliminata.

    Ma - si dirà - i princìpi riguardanti
    le questioni morali, a conti fatti,
    sembrano innati! E invece tutti quanti
    per Locke (non si rimanga esterrefatti)
    s'impongono in virtù dell'esperienza.
    Lo prova il fatto che mai la coscienza

    morale si presenta in modo stabile;
    essa muta bensì di tempo in tempo,
    da un popolo ad un altro, ed è opinabile
    per gli individui di uno stesso tempo.
    Tutti gli oggetti della conoscenza
    han dunque origine dall'esperienza.

    [omissis]

    Come nel campo della conoscenza,
    così in quello morale Locke non crede
    ad innati princìpi: la tendenza
    di ogni uomo, come appunto ognuno vede,
    è ottenere il benessere cercando
    il massimo piacere ed evitando

    l'incontro col dolore. Tuttavia,
    non bisogna pensare che in codesta
    ricerca del piacere l'uomo sia
    attratto sempre dal più intenso: resta
    in suo potere la scelta tra i vari
    piaceri, dai più fini ai più volgari.

    Ai raffinati egli può preferire
    altri meno attraenti se li stima
    utili a lui. Perciò possiamo dire
    (tanto più che vien giusta anche la rima)
    che Locke trasforma in utilitarismo
    quello che inizialmente era edonismo.

    [omissis]

    Hume pone a base della nostra azione
    senz'altro l'egoismo ma addolcito
    da quella simpatia che all'uomo impone
    d'intendersi con gli altri a menadito.
    È bene infatti l'utile di tutti,
    e male ciò ch'è danno per noi tutti.

    Ma l'etica, si sa, non è questione
    immobile nel tempo, sempre uguale,
    da sottoporre a un atto di ragione.
    Forse in questa tematica cruciale
    il bene è proteiforme e nulla in fondo
    ha un senso, come spesso avviene al mondo.