• 
    
           Taci. Su le soglie
           del bosco non odo 
           parole che dici
           umane; ma odo 
       5  parole più nuoveparole più nuove
           che parlano gocciole e foglie 
           lontane. 
           Ascolta. Piove
           dalle nuvole sparse.
     10  Piove su le tamerici
           salmastre ed arse, 
           piove su i pini
           scagliosi ed irti
           piove su i mirti 
     15  divini,
           su le ginestre fulgenti 
           di fiori accolti, 
           su i ginepri folti 
           di coccole aulenti,
     20  piove su i nostri vólti 
           silvani,
           piove su le nostre mani 
           ignude, 
           su i nostri vestimenti
     25  leggieri,
           su i freschi pensieri 
           che l'anima
           schiude novella,
           su la favola bella
     30  che ieri
           t'illuse, che oggi m'illude,
           o Ermione.***
    
           Odi? La pioggia cade 
           su la solitaria 
     35  verdura
           con un crepitìo che dura
           e varia nell'aria 
           secondo le fronde
           più rade, men rade.
     40  Ascolta. Risponde
           al pianto il canto 
           delle cicale
           che il pianto australe 
           non impaura,
     45  né il ciel cinerino.
           E il pino 
           ha un suono, e il mirto 
           altro suono, e il ginepro 
           altro ancóra, stromenti
     50  diversi
           sotto innumerevoli dita.
           E immersi
           noi siam nello spirto
           silvestre,
     55  d'arborea vita viventi;
           e il tuo vólto ebro
           è molle di pioggia
           come una foglia,
           e le tue chiome
     60  auliscono come
           le chiare ginestre,
           o creatura terrestre
           che hai nome 
           Ermione.
    
     65  Ascolta, ascolta. L'accordo
           delle aeree cicale
           a poco a poco
           più sordo
           si fa sotto il pianto
     70  che cresce;
           ma un canto vi si mesce
           più roco
           che di laggiù sale,
           dall'umida ombra remota.
     75  Più sordo e più fioco
           s'allenta, si spegne.
           Sola una nota
           ancor trema, si spegne,
           risorge, trema, si spegne.
     80  Non s'ode voce del mare.
           Or s'ode su tutta la fronda
           crosciare 
           l'argentea pioggia
           che monda,
     85  il croscio che varia
           secondo la fronda 
           più folta, men folta.
           Ascolta.
           La figlia dell'aria
     90  è muta; ma la figlia
           del limo lontana,
           la rana,
           canta nell'ombra più fonda,
           chi sa dove, chi sa dove!
     95  E piove su le tue ciglia, 
           Ermione.
    
           Piove su le tue ciglia nere
           Piove su le tue ciglia nere
           Piove su le tue ciglia nere
    100 Piove su le tue ciglia nere
           par da scorza tu esca.
           E tutta la vita è in noi fresca
           aulente,
           il cuor nel petto è come pèsca 
    105 intatta,
           tra le pàlpebre gli occhi
           son come polle tra l'erbe,
           i denti negli alvèoli
           son come mandorle acerbe.
    110 E andiam di fratta in fratta,
           or congiunti or disciolti
           (e il verde vigor rude
           ci allaccia i mallèoli
           c'intrica i ginocchi)
    115 chi sa dove, chi sa dove!
           E piove su i nostri vólti 
           silvani,
           piove su le nostre mani 
           ignude, 
    120 su i nostri vestimenti 
           leggieri,
           su i freschi pensieri
           che l’anima schiude 
           novella, 
    125 su la favola bella
           che ieri 
           m'illuse, che oggi t'illude,
           o Ermione. 
    
    *** ERMIONE. Il nome che il poeta dà all'amata è tratto dalla mitologia greca: è infatti quello della figlia di Elena e di Menelao, due protagonisti dell'Iliade. Sotto tale nome si cela quello della compagna del poeta, Eleonora Duse.
    
    
    [Da Alcyone, 1903]

    METRO. 128 versi liberi divisi in quattro strofe.

    La pioggia nel pineto, composta dal poeta a cavallo fra il luglio e l'agosto del 1902, appartiene alla sezione centrale di Alcyone (il terzo libro delle Laudi, uscito alla fine del 1903 e composto dal poeta a partire dal 1899. La raccolta è costituita da una serie di liriche che rappresentano "un susseguirsi di laudi celebrative della natura – e soprattutto dell'estate, dal rigoglioso giugno al malinconico settembre – nella quale il poeta si immerge mirando a realizzare una fusione panica: a sprofondare e a confondersi con tutto – mare, alberi, luci, colori – in un sempre rinnovato processo di metamorfosi che si risolve in un ampliarsi della dimensione umana" (S. Guglielmino / H. Grosser, "Il sistema letterario. Guida alla storia letteraria e all'analisi testuale", Principato, 1996).
    Sono lodi che celebrano la natura osservata in una vacanza ideale, che inizia a fine primavera nelle colline di Fiesole e termina a settembre sulle coste della Versilia. Il poeta racconta in versi come avviene la fusione dell'uomo con la natura attraverso il superamento della limitata dimensione umana.
    La lirica più nota e più rappresentativa della raccolta è appunto La pioggia nel pineto, leggendo la quale riusciamo a capire come l'uomo entri in simbiosi con la natura, sottoponendosi a un processo di naturalizzazione, e come la natura subisca a sua volta un processo di antropomorfizzazione. Il poeta e la sua compagna entrano in empatia con la natura e arrivano a condividerne la sua anima segreta: D'Annunzio contempla la metamorfosi delle cose e la sua compagna si trasforma in fiore, pianta, frutto, mentre la pioggia cade.
    La poesia inizia con un punto fermo dopo l'imperativo "Taci" (v. 1), che indica un momento di preparazione e di attesa. Comincia il rito d'iniziazione: si tratta di un momento quasi liturgico, che per essere vissuto fino in fondo necessita di un silenzio assoluto. Il poeta esorta la sua compagna a restare in silenzio, al fine di ascoltare con la dovuta attenzione i suoni inusitati (le parole più nuove) emessi dalla natura: le parole sussurrate da gocce e foglie lontane, avvertite sin dalle soglie del bosco. Sta piovendo e la pioggia altro non è che una manifestazione della natura, che avvolge e riveste tutto. Il poeta invita più volte la sua compagna ad ascoltare (v. 8: "Ascolta"; v. 33: "Odi?"; v. 40: "Ascolta"; v. 65: "Ascolta, ascolta"; v. 88: "Ascolta") la musicalità della pioggia e i suoni emessi dalla natura. Alla donna in questione viene attribuito il nome di Ermione, il nome della figlia di Elena e Menelao della mitologia greca, con il quale il poeta si riferisce probabilente a Eleonora Duse, una grande attrice della sua epoca con la quale visse un'intensa storia d'amore.
    Il processo di naturalizzazione e di metamorfosi viene messo in atto sin dai primi versi della lirica, in cui vengono elencati diversi tipi di piante e di fiori, al fine di creare una premessa per la fusione tra gli uomini e la natura che viene esplicitata già nei versi 20-21, attraverso i quali si nota che i volti del poeta e di Ermione sono diventati "silvani", permettendo ad entrambi di trasformarsi in creature silvestri, dello stesso colore e quasi della stessa sostanza del bosco. Successivamente la donna è paragonata agli elementi della natura: il suo volto è come una foglia (vv. 56-58) e i suoi capelli emanano lo stesso profumo delle ginestre (vv. 59-61: le chiome come le ginestre). Gradualmente, arrivano entrambi a fondersi con la natura e a sentirsi parte di essa, tanto che il poeta, attraverso l'uso delle similitudini, mostra come la donna sembri aver assunto l'aspetto di una pianta verdeggiante e sembri uscita dalla corteccia di un albero come una ninfa (vv. 99-101), il suo cuore sembri vivere di una nuova vita e sia simile al frutto della pèsca (vv. 104-105) e mostri come persino gli occhi (vv. 106-107) e i denti (vv. 108-109) si trasformino e rendano esplicito il senso d'immedesimazione delle due creature umane nella vita del bosco.
    D'Annunzio descrive minuziosamente il temporale estivo e lo rende estremamente musicale, attraverso l'uso di onomatopee e di un lessico particolare, ma non si limita a registrare il semplice cadere della pioggia al livello più esterno, bensì mette in evidenza, in particolare, la metamorfosi panica sulla quale si basa tutta la lirica: la trasformazione sua e della sua compagna in elementi vegetali e arborei, via via che riescono a fondersi con la natura. La pioggia nel pineto colpisce, infatti, per il tema panico-metaforico, per la trasformazione vegetale del poeta e di Ermione. Il termine "panismo" deriva da Pan (dio greco della natura, per metà uomo e per metà caprone) e si riferisce all'identificazione dell'uomo con la natura, con la vita vegetale.
    Attraverso i versi 52-55, il poeta ci fa capire che la metamorfosi è ormai al suo culmine:
                  "E immersi
                  noi siam nello spirto
                  silvestre,
                  d'arborea vita viventi."
    Il panismo dannunziano è peculiare, perché tende ad umanizzare la natura.
    Un altro tema molto importante della lirica è quello dell'amore, in quanto il poeta, parlando della pioggia estiva refrigerante, sottolinea come questa rigeneri non solo la natura ma rinvigorisca anche l'anima dei due innamorati, i quali continuano ad abbandonarsi alla forza dei sentimenti e dell'amore, ma con la consapevolezza che si tratta soltanto di una "favola bella" (v. 29) che li ha illusi in passato e continua ad illuderli (vv. 29-32).
    Colpisce, inoltre, la musicalità che caratterizza l'intera lirica e che è ottenuta attraverso la frantumazione del verso e il ricorso alle rime interne e alle assonanze. C'è un vero e proprio studio del poeta, un virtuosismo basato anche sul principio della ripetizione, che provoca degli effetti ritmico-musicali particolarmente interessanti. Il poeta tende ad imitare i suoni della pioggia e a inventare delle vere e proprie melodie: le parole più nuove a cui fa riferimento il poeta al v. 5 sono anche le parole che creano una musicalità nuova. Per riuscire ad entrare in empatia con la natura il poeta trasforma le sue parole in musica, utilizzando un lessico piuttosto ricercato e musicale, dimostrando di aver fatto suoi gli insegnamenti dei Simbolisti francesi.