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          Padre, il mondo ti ha vinto giorno per giorno
          come vincerà me, che ti somiglio.
    
          Padre, i tuoi gesti sono aria nell'aria,
          come le mie parole vento nel vento.
    
      5  Padre, ti hanno umiliato, tradito, spogliato,
          nessuno t'ha guardato per aiutarti.
    
          Padre di magre risa, padre di cuore bruciato,
          padre, il più triste dei miei fratelli, padre,
    
          il tuo figliuolo ancora trema del tuo tremore,
    10  come quel giorno d'infanzia di pioggia e paura
    
          pallido tra le urla buie del rabbino contorto
          perdevi di mano le zolle sulla cassa di tuo padre.
    
          Ma quello che tu non dici devo io dirlo per te
          al trono della luce che consuma i miei giorni.
    
    15  Per questo è partito tuo figlio; e ora insieme ai compagni
          cerca le strade bianche di Galilea.
    
    
    [In Poesia Italiana, 6 "Novecento", Gruppo Editoriale l'Espresso, Milano 2004, pp. 889-890]

    METRO
    Otto strofe di distici non rimati, con versi lungi (mai al di sotto dell'endecasillabo) e senza vincoli di rime.

    COMMENTO
    L'esperienza della guerra e della lotta partigiana hanno fortemente influito sull'attività poetica di Franco Fortini. Egli stesso ha sottolineato la diversità tra le poesie scritte prima, e quelle scritte dopo la guerra. Le prime risentono infatti dell'influenza dell'ermetismo, mentre le seconde hanno un impianto corale e cantano le esperienze drammatiche ma a tratti anche gioiose della lotta in Val d'Ossola a cui il poeta partecipò attivamente.
    Questa "lettera", datata 1944 e che in realtà ha più il tono di un dialogo, rappresenta un accorato messaggio alla figura paterna, cui tra l'altro Fortini aveva dedicato la sua prima raccolta di versi. La nota introduttiva del libro, infatti, recava in calce questa dedica: "Egli [cioè lo stesso Fortini] vuole anche scrivere qui il nome di suo padre, Dino Lattes, con riconoscenza e affetto". In effetti la figura paterna fu determinante, se non per la cultura religiosa (ebraica) per gli aspetti politici della formazione del giovane poeta.
    Nella prima parte della poesia il rapporto delineato tra padre e figlio è fondato sul pathos filiale: in quest'ottica va letto il sentimento di pietà provato dal figlio, il quale si identifica col padre, ma non per emulare un modello, quanto piuttosto per pietà verso una figura vicina a un fratello "umiliato".
    Stabilite le somiglianze col padre (le sue parole sono "vento nel vento" come "aria nell'aria" sono i gesti del padre; ed egli trema dello stesso "tremore"), il poeta ne rifiuta però il destino, proponendosi scelte più ferme e decise. Negli ultimi due distici il poeta rimarca ciò che profondamente lo differenzia dal padre ("quello che tu non dici devo io dirlo per te") e la lotta partigiana assume na dimensione simbolica: la liberazione del popolo italiano viene infatti collegata con la lotta compiuta dal popolo "eletto" per liberarsi della schiavitù babilonese.