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          O grazïosa1 luna, io mi rammento
          Che, or volge l'anno2, sovra questo colle3
          Io venìa pien d'angoscia a rimirarti:
          E tu pendevi4 allor su quella selva
      5  Siccome or fai, che tutta la rischiari.
          Ma nebuloso e tremulo dal pianto
          Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci5
          Il tuo volto apparia, che6 travagliosa
          Era mia vita: ed è, né cangia stile7,
    10  O mia diletta luna. E pur mi giova8
          La ricordanza, e il noverar l'etate
          Del mio dolore. Oh come grato occorre9
          Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
          La speme10 e breve ha la memoria il corso,
    15  Il rimembrar delle passate cose,
          Ancor che11 triste, e che12 l'affanno duri!
    
    
    [Canti, in Opere, a cura di Mario Fubini, UTET, Torino 1977]

    METRO
    Endecasillabi sciolti, con una sola rima imperfetta (vv.8-15) e varie assonanze in sede di rima: vv. 2-12 (colle | occorre), 3-5 (rimirarti | rischiari), 7-16 (luci | duri), 8-10 (travagliosa | giova).

    COMMENTO
    Composto probabilmente a Recanati nel luglio del 1820, fu pubblicato per la prima volta, insieme agli altri idilli (L'infinito, La sera del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria e il Frammento XXXVII), nel "Nuovo Ricoglitore" di Milano (gennaio 1826) e subito dopo nei Versi (Bologna, 1826) col titolo La ricordanza. Il titolo definitivo venne assegnato nella prima edizione dei Canti (Firenze, 1831).
    Le immagini che in essa campeggiano sono già presenti nel primo verso: la "luna", bella ed insieme benevola (è questo il duplice senso dell'aggettivo "graziosa"), e l'"io" che, ricordando, soffre ma nella stessa "ricordanza" trova conforto. In un universo esistenziale dominato dal dolore, il ricordo rappresenta infatti la sola esperienza piacevole, anche quando riguarda eventi negativi: proprio perché presenti solo alla coscienza, e non più reali, tali eventi risultano graditi alla memoria.
    Tema dominante del canto è dunque il "rimembrare", la rimembranza, che è tema centrale di molta poesia leopardiana: dalle Ricordanze a numerosi luoghi di altre liriche (Ad es. "Silvia rimembri ancora..."), nonché di tante pagine dello Zibaldone
    Proprio nello Zibaldone leggiamo un'annotazione utilissima per comprendere questa particolare riflessione del poeta. Scrive infatti Leopardi: "Siccome le impressioni, così le ricordanze della fanciullezza in qualunque età sono più vive che quelle di qualunque altra età. E son piacevoli per la loro vivezza anche le ricordanze d'immagini o di cose che nella fanciullezza ci erano dolorose, o spaventose ecc. E per la stessa ragione ci è piacevole nella vita anche la ricordanza dolorosa, e quando bene la cagion del dolore non sia passata, e quando pure la ricordanza lo cagioni o l'accresca, come nella morte de' nostri cari, il ricordarsi del passato ecc.". (25 ottobre 1821).
    Il "colle" di cui parla la lirica è ovviamente il monte Tabor, presso Recanati: insomma, lo stesso colle de L'infinito. Davvero un luogo privilegiato per la riflessione e l'arte del nostro grande poeta.

    NOTE
    1 graziosa: piena di grazia, amabile.
    2 or volge l'anno: è un anno adesso; un anno fa.
    3 questo colle: il monte Tabor, cioè il famoso "colle" dell'Infinito.
    4 pendevi: eri sospesa (nel cielo).
    5 luci: occhi.
    6 che: poiché
    7 stile: modo, forma.
    8 mi giova: mi è utile.
    9 grato occorre: torna gradito.
    10 speme: speranza.
    11 ancor che: benché.
    12 che: anche se.