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          Sempre caro mi fu quest'ermo1 colle,
          E questa siepe, che da tanta parte,
          Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude2.
          Ma sedendo e mirando3, interminati
      5  Spazi di là da quella4, e sovrumani
          Silenzi, e profondissima quïete
          Io nel pensier mi fingo5, ove6 per poco
          Il cor non si spaura7. E come8 il vento
          Odo stormir tra queste piante, io quello
    10  Infinito silenzio a questa voce9
          Vo comparando: e mi sovvien10 l'eterno11,
          E le morte stagioni12, e la presente
          E viva, e il suon13 di lei14. Così tra questa
          Immensità15 s'annega il pensiero mio:
    15  E il naufragar16 m'è dolce in questo mare17.
    
    
    [Canti, in Opere, a cura di Mario Fubini, UTET, Torino 1977]

    METRO
    Endecasillabi sciolti.

    COMMENTO
    Questo breve componimento, scritto a Recanati tra la primavera e l'autunno del 1819, è uno dei testi leopardiani a cui la critica ha prestato da sempre maggiore attenzione.
    Esso prende spunto da una vicenda reale, come sovente avviene in Leopardi. Il poeta, infatti, era solito recarsi su un colle poco distante dal suo palazzo: il monte Tabor (chiamato oggi "Colle dell'infinito").
    Una siepe impedisce allo sguardo di abbracciare tutto l'orizzonte, ma proprio questa limitazione fornisce a Leopardi l'occasione per creare, oltre quella siepe, uno spazio immaginario, tutto mentale, che provoca un senso di smarrimento e di vertigine ("ove per poco / il cor non si spaura").
    Un improvviso soffio di vento suggerisce spontaneamente al poeta il richiamo del presente, e lo induce a paragonare il senso dell'infinito ("l'eterno, e le morte stagioni") al momento vivo e reale (la stagione "presente e viva, e il suon di lei").
    Infine, tutto si placa in un abbandono ("il naufragar m'è dolce") nell'atmosfera infinita e profonda ("questo mare") creata dalla mente.
    L'immaginario è dunque superiore alla realtà in quanto, più di questa, può nello stesso tempo illudere e consolare.

    NOTE
    1 ermo: solitario, romito, disabitato.
    2 da tanta parte... esclude: preclude alla sguardo tanta parte dell'orizzonte più lontano
    3 mirando: contemplando, osservando.
    4 quella: siepe.
    5 nel pensier mi fingo: immagino.
    6 ove: è ovviamente riferito a spazi (v. 5), silenzi (v. 6) e quiete (v. 6), cioè nell'immensità dell'infinito; ma ha anche un valore consecutivo: "tanto che", "per cui".
    7 non si spaura: non resta sgomento
    8 come: ha valore temporale, non modale: quindi, "non appena".
    9 voce: del vento.
    10 sovvien: sopravviene istintivamente, improvvisamente.
    11 l'eterno: il pensiero dell'eternità.
    12 le morte stagioni: le epoche passate.
    13 il suon: i rumori e i suoni.
    14 di lei: dell'età presente.
    15 Immensità: dello spazio e del tempo, ma anche di quella "creata" dalla mente.
    16 naufragar: sprofondare, smarrirmi.
    17 mare: l'immensità dell'infinito.